Millecinquecentosette giorni: tanti ne sono trascorsi dal quel 5 ottobre del 2017 quando lo sfortunato cargo turco si spezzò in due per operazioni di demolizione che anche un bambino avrebbe potuto intendere essere errate. Lo stesso bambino si sarebbe chiesto tante altre volte quale fine avrebbe potuto fare quella nave spezzata lasciata in balia degli eventi meteomarini senza che nessuno muovesse un dito. Oggi riemerge dai fondali dell’antica Pialassa Piomboni trasformata in discarica l’ultimo blocco della poppa e sale sul pontone Amt Mariner per l’ultimo viaggio della Berkan B verso Piombino.
Nel mezzo, una vicenda delle più invereconde, diventata la favola della portualità italiana, e che non val la pena ripercorrere in una giornata lieta come questa. Ci chiediamo solo perché fu concessionata quella banchina, quando in Italia un unico cantiere è autorizzato a termini di legge ad effettuare demolizioni navali, ed un altro, PIM di Piombino, lo è diventato grazie a questa vicenda. Ma questa è un’altra storia, che continuerà nei prossimi mesi, come nei prossimi mesi continueranno gli esborsi per le casse pubbliche a conclusione dei lavori – se resteremo entro i 15 milioni di euro potremo dirci fortunati – e come continueranno i danni ambientali per il delicato ecosistema della Pialassa.
Oggi ringraziamo soltanto tutti coloro che non si sono voltati dall’altra parte: cittadini, associazioni, esperti che a vario titolo si sono offerti, il Ministero della Transizione Ecologica ed in particolare il Comandante del RAM Ammiraglio Caligiore giunto a Ravenna per verificare i lavori dal punto di vista ambientale, qualche raro politico, e tutti coloro che hanno lavorato, in mezzo a decine di incompetenti, attorno al relitto, per la buona riuscita di questa difficilissima e pericolosa impresa resa quasi impossibile dalla negligenza ed incapacità di altri.
Ma la battaglia è appena iniziata: la discarica Piomboni attende la bonifica degli altri cinque relitti, e i cittadini non si fermeranno.