Alle battute finali il primo grado del procedimento penale per l’affondamento nel Porto di Ravenna della Berkan B, la motonave che da ottobre 2017 a novembre 2021 riversò nelle acque idrocarburi potenzialmente cancerogeni, non essendo stata bonificata e lasciata colare a picco nell’indifferenza di chi invece con celerità, responsabilità e senso delle istituzioni doveva prevenire i danni del prevedibilissimo disastro. Una denuncia, un processo, sei associazioni costituite parte civile, oltre dieci milioni di euro di denari pubblici e ben 1507 giorni per rimuoverla. Lavoratori dapprima in un cantiere allo sbando più volte posto sotto sequestro senza che nulla fosse fatto per recidere la concessione della banchina, poi, durante le operazioni di rimozione, costretti a lavorare sott’acqua a relitto non bonificato affondato, non osiamo immaginare in quali condizioni. Non una parola di ringraziamento per loro da parte delle Istituzioni. Non è dato sapere se, senza il procedimento penale, il relitto sarebbe ancora là a spargere i suoi veleni, visto che per le altre cinque carcasse del “cimitero delle navi”, nulla si muove, nonostante giacciano abbandonate da tredici anni (tre carcasse) e oltre trenta (le altre due) sulle rive della Pialassa Piomboni poco distanti dal punto in cui affondò la Berkan B e dove si pesca di frodo molluschi a scala industriale. Una pagina vergognosa della portualità italiana ai danni delle casse dell’erario e dell’ambiente già martoriato del ravennate. Tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, ed iniziative economiche svolte in modo da non recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana: recenti modifiche alla Carta Costituzionale che non possono più essere disattese, per l’oggi e nell’interesse delle future generazioni.
Italia Nostra ed il Collettivo Autonomo Ravennate danno appuntamento a tutti i cittadini per un presidio davanti al Tribunale di Ravenna, in occasione dell’ultima – presumibilmente – udienza, lunedì 10 ottobre, dalle ore 13 alle 14.30