Apprendiamo del ricorso presentato al T.A.R. dell’Emilia-Romagna da parte di Micoperi, aggiudicataria insieme ad altri del bando per la rimozione del rottame Berkan B. al Porto di Ravenna.
Posto che il T.A.R. si pronuncerà solo nei prossimi mesi, e che ancora non abbiamo letto i verbali delle conferenze di servizio in cui sarebbero state modificate le condizioni del bando, riteniamo però evidente che, alla luce del fatti – ovvero che da tre anni e mezzo un relitto non bonificato giace spezzato e poi affondato in un canale del Porto di Ravenna – la situazione sia del tutto fuori controllo. Nonostante, val la pena ricordarlo, a Ravenna siano disponibili eccellenze imprenditoriali di livello mondiale che a nostro parere potrebbero risolvere ad occhi chiusi la vicenda. Resta quindi più che mai urgente, lo ribadiamo, al fine di una risoluzione positiva di questa scandalosa ed inaccettabile vicenda, l’emanazione di una Ordinanza di protezione civile e la nomina di un commissario ad acta il quale, con competenza e fondi adeguati, possa rimettere ordine e finalmente liberare il Porto di Ravenna e la Pialassa Piomboni da questa immonda e gigantesca “discarica abusiva” di rifiuti tossici e pericolosi. Questi gli aspetti principali di criticità che perdurano da anni e che vanno sanati al più presto:
1) Inquinamento micro e macroscopico degli habitat salmastri e delle specie protette ospitate nella zona umida che, come si è visto, possono essere entrate in contatto con gli inquinanti, a causa della contaminazione ittica (documentata con morie), della fuoriuscita di idrocarburi dalle panne, della contaminazione dei fondali, dell’avifauna imbrattata che è riuscita ad allontanarsi. I danni provocati da questo inquinamento dagli impatti incommensurabili, è senza dubbio anche di tipo economico;
2) Il perdurare del rilascio di inquinanti dal relitto, testimoniato anche da immagini recenti, che non può più essere tollerato oltre poiché, come detto, le panne antinquinamento non sono sufficienti a contenerlo completamente né si possono considerare una soluzione a lungo termine come invece, di fatto, accade da oltre due anni;
3) I rischi altissimi per la salute umana, rappresentati anche dalla raccolta abusiva organizzata, a fini commerciali, di molluschi nei pressi della Berkan B e delle carcasse arrugginite del cimitero delle navi; senza contare tutto il pescato dei capanni della Pialassa Piomboni e dei pescatori regolarmente autorizzati. Com’è noto, pesci e molluschi rappresentano bioaccumulatori naturali di metalli pesanti e di idrocarburi che mettono a repentaglio la salute dei consumatori;
4) La sicurezza delle decine di persone che ogni settimana salgono a bordo delle navi del cimitero;
5) Il possibile avvio di una procedura di infrazione presso l’Unione Europea per il mancato rispetto delle Direttive e dei regolamenti riguardanti l’ambiente ed il riciclaggio delle navi;
6) Non da ultimo, lo spreco immane di denaro pubblico, a cui si aggiungono spese legali, consulenze, ricorsi e molto altro, per operazioni che all’oggi non hanno risolto nulla.
Le Istituzioni smettano di girare la testa dall’altra parte e non ignorino le denunce che cittadini ed associazioni stanno lanciando ormai da anni. Gli errori possono capitare a tutti, ma il perseverare, oggi, non è più ammesso.