03/05/2018 – Una sfida complessa, l’innovazione, che le imprese dell’Emilia-Romagna stanno però affrontando in modo dinamico.
E’ questa l’immagine dell’Osservatorio Innovazione Emilia-Romagna 2018 presentato a Bologna, che offre una analisi strategica del posizionamento delle imprese emiliano-romagnole in una fase cruciale di ri-definizione delle modalità con cui il mercato e la società, nell’era digitale e circolare, spingono a progettare, produrre e distribuire prodotti e servizi, secondo nuovi parametri di efficienza, rapidità, condivisione, complessità tecnologica e ricchezza delle informazioni coinvolte.
L’Osservatorio InnoER, risultato della collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Camera di Commercio della Romagna – Forlì-Cesena e Rimini, ASTER e Intesa Sanpaolo, è stato curato dal CISE, azienda speciale della Camera di Commercio della Romagna –, con il supporto scientifico del Centro Studi Antares, ed è stato reso possibile dal supporto economico della Regione Emilia-Romagna.
Secondo l’indagine realizzata su un campione di 2.047 imprese (pari al 10% del totale di quelle potenzialmente coinvolte con un fatturato superiore a 500 mila euro) e l’integrazione di diverse banche dati, le aziende emiliano-romagnole presentano quattro profili innovativi: leader (27% del campione e 48% degli addetti) con una capacità elevata di governare il nuovo paradigma della prossimità all’interno dell’ecosistema di relazioni con fornitori e clienti, anche con capacità di utilizzare reti internazionali e tecnologie avanzate; proattive (23% e 21% rispettivamente) che non detengono una leadership tecnologica di settore ma lavorano costantemente sullo sviluppo innovativo di prodotti e adattive (15% e 8%) che hanno un profilo di “inseguimento” dell’innovazione in relazione ai cambiamenti che avvengono nel proprio settore e nel mercato; tardive (33% e 21%) che mostrano un ritardo di “sintonizzazione” con il fenomeno innovativo che interessa le filiere globali e le altre imprese regionali, e denotano una vulnerabilità più probabile anche nella perdita di valore.
I profili si differenziano soprattutto su tre dimensioni chiave: la cultura innovativa all’interno dell’azienda, il ruolo della prossimità e del territorio per i processi di innovazione, l’adozione di nuove tecnologie per il governo della complessità interna all’azienda e di filiera.
Il profilo delle leader e delle proattive è fortemente correlato con la capacità di essere competitivi nell’economia dei servizi, dove digitalizzazione, prossimità con il cliente e cultura innovativa si fondono.
Lo studio evidenzia come ciò che misura la distanza tra una impresa tardiva e una leader è la capacità di questa di adeguare la propria cultura organizzativa a un cambio di paradigma di “costante e continua innovazione” per ridurre la distanza con il cliente/utente, in chiave di co-progettazione, digitalizzazione della supply-chain e rapidità degli scambi.
Inno ER 2018 indica come prevalga la dimensione in house: il 27% delle attività di innovazione interna riguarda i prodotti, mentre il 26% delle attività di innovazione esterna riguarda i servizi di marketing.
Il rapporto individua i “tempi” dell’innovazione, individuando tre categorie di imprese in relazione alla velocità di rendimento dei nuovi prodotti nell’arco di tre anni in relazione al fatturato.
Ci sono così le imprese Fast Trackers, pari al 16% i cui prodotti e servizi generano il 40% del fatturato; le Climbers, che sono il 34% he sviluppano tra il 10% e il 40% e infine le Long distance runners, percentuale del 50% che producono fatturato fino al 10%.
La lettura dei profili dell’innovazione aiuta a leggere anche le possibili traiettorie di evoluzione della “specializzazione intelligente” regionale, ovvero la prospettiva di nuove possibili vie di scoperta e applicazione di idee innovative, coinvolgendo più imprese e più settori.
Il 21% delle imprese adotta soluzione avanzate di “eco efficacia”.
Nella meccatronica ed agroalimentare, le strategie di riduzione dei consumi accompagnano strategie di riciclo e utilizzo degli scarti sopra la media.
L’indagine si focalizza anche sugli elementi che secondo le imprese favoriscono l’innovazione, indicando soprattutto clienti e fornitori, quindi addetti ricerca e sviluppo interni e consulenti, quindi attività legata a fiere convegni, stampa specializzati, studi di mercato, appartenenza a gruppi aziendali e reti di impresa, quindi collaborazioni con Università e centri di ricerca.
Una percentuale pari all’11% delle imprese ha una elevata integrazione di prodotti finiti e servizi.
Tra i fattori che producono attitudine a innovare, emergono soprattutto tre elementi: cliente leader, clima aziendale interno come fucina di idee, presenza di fornitori locali e quindi il ruolo del territorio, a questo riguardo, il comportamento delle imprese è diventato selettivo nella scelta e la prossimità geografica è importante a condizione di una presenza di specializzazione tecnologica che garantisca risposte.
Esiste una forte correlazione tra leadership tecnologica e la capacità di accompagnare i processi produttivi con una forte propensione ai servizi in chiave di interoperabilità tra le fasi interne e della value chain.
Il ruolo strategico del sistema economico emiliano-romagnolo, storicamente forte di proprie vocazioni manifatturiere resta elevato anche all’interno della nuova “economia digitale dei servizi”.
In sintesi, poco più della metà del sistema produttivo emiliano-romagnolo è oggi ben sintonizzato con le sfide di innovazione lanciate dal mercato e dalla società. Un terzo risulta in ritardo, ma ha le basi su cui poter innestare azioni correttive di carattere organizzativo e per essere ricettivo rispetto al supporto ai processi innovativi che possono essere alimentati a livello regionale e nazionale.
La sfida del prossimo decennio è quella di aumentare, da una parte, la leadership tecnologica del sistema regionale e, dall’altra, la partecipazione all’innovazione anche di imprese oggi in ritardo.
Non esiste, nel campo delle politiche per l’innovazione, una “ricetta unica”: occorrono strategie differenziate che permettano di costruire percorsi di innovazione per e con i diversi profili di impresa.
In una fase di rafforzamento delle politiche regionali dell’innovazione, grazie all’azione di supporto attraverso il ciclo di programmazione europea POR-FESR e al coordinamento della rete Alta Tecnologia con gli strumenti associativi dei Clust-ER e della Value chains[1], è importante considerare gli elementi conoscitivi per un’azione di sistema.
Il rapporto indica alcuni fattori chiave che emergono dall’indagine e considerati utili per un rafforzamento delle politiche regionali: transizione tecnologica e digitalizzazione; circolarità come efficacia e trasformazione del prodotto/servizio; territorio, Research and Technology Organisations (RTOs) e offerta di R&D; politiche regionali.