L’accordo economico (doppio rispetto al valore di mercato), il tipo di fornitore, (un’azienda che si occupa di ristorazione e che non ha mai trattato mascherine), il capitale sociale di una decina di migliaia di euro (a fronte di una commissione di mascherine per 6 milioni di euro), un contratto senza garanzie per l’Ausl Romagna, le tempistiche (il lockdown il 9 marzo, il 16 marzo la firma del contratto, ma la determina dirigenziale per l’accordo siglata solo due giorni dopo, in un periodo nel quale gli abituali fornitori di mascherine non riuscivano a reperire il prodotto sul mercato), le mascherine ad un certo punto restituite per far aggiungere pittogrammi in corrispondenza delle nuove norme sull’IVA, e poi le perplessità sulle certificazioni, rivelatesi false. Sono questi i dubbi che portarono la lista civica La Pigna a presentare un esposto alla Procura di Forlì per l’accordo siglato fra l’Ausl Romagna e l’ex parlamentare Gianluca Pini, oggi al centro di una doppia inchiesta da parte dei magistrati. La lista civica chiede il commissariamento dell’azienda sanitaria e di far luce sui rapporti dell’ex esponente della Lega Nord con l’ex procuratore capo di Ravenna, Alessandro Mancini, destituito da procuratore generale a L’Aquila proprio per i rapporti con Pini