I musei giapponesi di Kyoto (The National Museum of Modern art) e Mino ( Museum of ceramic art) rendono omaggio a Nino Caruso, in una mostra antologica di ampio respiro, coordinata dal Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza.
Circa un centinaio di opere sono proposte al pubblico giapponese, dal 4 gennaio gennaio 2020 al 15 aprile 2020, a documentare l’intensa attività di questo protagonista della ceramica scomparso nel 2017, meglio noto all’estero che non in Italia. Caruso fu artista, ceramista, designer, scrittore; a lui si devono i primi scritti divulgativi sull’arte del fare ceramica, tradotti in tutto il mondo.
La sua vivace biografia delinea la vitalità di un personaggio sempre alla ricerca di nuove esperienze artistiche e produttive. Proveniente da una famiglia siciliana, Caruso nasce e cresce a Tripoli dove frequenta le scuole elementari. Negli anni ’50 rientra in Italia, raggiunge Roma e viene introdotto da Salvatore Meli a Villa Massimo dove conosce Guttuso, gli artisti e intellettuali dell’avanguardia romana. Nel 1954 decide di intraprendere l’attività di ceramista, diplomandosi presso l’Istituto Statale di Arte di Roma. Nel 1956 espone per la prima volta alla galleria “L’incontro” insieme a Guttuso. A partire dal 1965 inizia ad usare il polistirolo per realizzare stampi a colaggio in cui versa l’argilla, rivoluzionando il suo metodo di lavoro, alla ricerca di un nuovo rapporto scultura-architettura. Inizia un profondo studio della modularità che assume una precisa funzione architettonica, sistema che gli aprirà collaborazioni significative con le aziende. Nel 1966 contribuisce alla costituzione del Centro Italiano delle Produzioni d’Arte (CIPA) di cui assume il ruolo di segretario con la presidenza affidata all’architetto Gio Ponti. Accanto alla carriera di designer e ceramista inizia la docenza: nel 1970 sostituisce lo scultore Leoncillo Leonardi, all’Istituto Statale di Arte di Roma, vincendo il concorso per la cattedra di progettazione ceramica, per quindici anni. Dalla metà degli anni settanta stringe collaborazioni frequenti con alcune università statunitensi dove organizza mostre, workshop e seminari. Matura gradualmente una vasta conoscenza delle tecniche ceramiche, come quelle antiche ancora in atto nelle civiltà orientali, e apprende direttamente, grazie a lunghi soggiorni in Giappone, le sperimentazioni più innovative. La sua ampia produzione mostra un’attenzione particolare alle tematiche dell’antico applicate alla modernità. Già dai lavori degli esordi, negli anni ’50, considerati primitivi e picassiani, emerge uno studio sulla tradizione rivisitata successivamente nelle produzioni più legate al design, all’applicazione in spazi urbani e architettonici. La sua passione per l’arte etrusca gli vale importanti riconoscimenti con opere pubbliche in omaggio a questa significativa civiltà.
Le mostre giapponesi, attraverso una attenta selezione di pezzi proposta dal curatore, Tomohiro Daicho del Museo d’Arte Moderna (MOMAK) di Kyoto, con il supporto del MIC, propongono una nuova attuale lettura dell’opera di Caruso in collegamento anche con la cultura ceramica giapponese.