Prosegue senza sosta il lavoro degli operatori del Consorzio di bonifica della Romagna Occidentale per allontanare l’acqua che ha allagato gran parte del territorio di pianura di competenza dell’ente, a seguito delle tre rotte arginali quasi contemporanee che si sono verificate nelle giornate del 2 e 3 maggio nei fiumi Sillaro, Senio e Lamone.
Si stima che dai fiumi, corsi d’acqua non consorziali, si siano riversati complessivamente nel territorio sottostante 120.000 milioni di metri cubi d’acqua, un volume pari a circa 4 volte la capacità dell’invaso di Ridracoli.
La morfologia del territorio di pianura, attraversato da fiumi sopraelevati rispetto al piano campagna, ha fatto sì che, una volta riparate in emergenza le rotte arginali, l’acqua fuoriuscita in enormi quantitativi non potesse reimmettersi nei corpi idrici da cui proveniva, ma ha investito i canali della rete scolante consorziale, che sono dimensionati per smaltire le portate di piena generate dalle piogge dei rispettivi bacini scolanti, completamente distinti dai bacini imbriferi dei corsi d’acqua naturali.
È quindi la rete consorziale che si sta facendo carico di portare al recapito finale, il mare Adriatico, l’acqua che ha allagato vaste porzioni del territorio di bassa pianura e che tuttora insiste in limitate aree a giacitura più depressa.
Per tentare di accelerare al massimo il deflusso dell’acqua, il Consorzio si è prontamente attivato con turni di lavoro che coprono le 24 ore per azionare e rifornire gruppi di pompaggio d’emergenza, per monitorare lo stato della rete di bonifica, con particolare attenzione ai corpi arginali, per gestire gli impianti idrovori stabili regolandone il funzionamento in modo da non sovraccaricare eccessivamente i canali ricettori, per provvedere alla rimozione dei detriti accumulati a monte delle griglie di protezione degli stessi impianti laddove non sono installati dispositivi automatici.
Complessivamente le criticità provocate da fattori esterni alla rete consorziale ha tenuto impegnati una settantina di operatori, tra tecnici e personale di campagna, che si sono alternati nei turni di lavoro, intervenendo fianco a fianco con gli stivali in acqua nelle zone allagate e dalle postazioni d’ufficio adibite al coordinamento delle varie operazioni.
Allo stesso tempo, i tecnici del Consorzio hanno attivamente partecipato alle numerose riunioni indette dal Centro di Coordinamento dei Soccorsi (CCS) presso la Prefettura di Ravenna, dal Centro Operativo Regionale (COR) – grazie al quale sono stati fatti pervenire in tempi rapidi gruppi di pompaggio che hanno integrato la dotazione dell’ente – e dai vari Centri Operativi Comunali (COC), in particolare dei Comuni di Conselice e Bagnacavallo.
Questo grande impegno ha consentito di ridurre nell’arco di una settimana l’estensione delle aree allagate, che era di circa 6.000 ettari nei giorni immediatamente successivi alle rotte arginali dei fiumi, ad appena 20 ettari, dato rilevato nella giornata di domenica. Il confronto è ancor più significativo se si tiene conto che in alcune aree la colonna dell’acqua superava ampiamente i due metri di altezza.
Va sottolineato che il tempo di deflusso dell’acqua distesa su terreni e parte di aree urbane dipende non tanto dalla portata dei gruppi di pompaggio installati, ma da quella dei canali ricettori, avente un ordine di grandezza inferiore a quella dei fiumi.
Il tempo trascorso per prosciugare le aree allagate è quindi il minimo necessario per trasportare l’acqua fino al mare in relazione alla portata massima della rete di bonifica. Ciò è stato favorito anche da condizioni favorevoli di ricettività del mare, che si può considerare l’unica circostanza relativamente fortunata tra le tante avverse. Di più non si poteva fare.
Ora il Consorzio, al pari di tutte le altre autorità impegnate giorno e notte nella gestione dell’emergenza (Comuni e loro Unioni, Prefettura, Regione, Vigili del Fuoco, forze dell’ordine, Protezione Civile di Lombardia e Marche, Provincia) e di altri soggetti quali i volontari della Protezione Civile, Hera, altri Consorzi di bonifica, si sta preparando a fronteggiare gli effetti delle precipitazioni molto intense che si attendono dalla tarda serata di oggi (n.d.r. lunedì 15 maggio) e che, secondo i modelli previsionali, dovrebbero persistere fino a tutto mercoledì e parte della giornata di giovedì
Nelle singole giornate sono previsti quantitativi analoghi a quelli degli eventi del 2 maggio che hanno prodotto gli effetti catastrofici purtroppo ben noti. Ad aggravare ulteriormente il quadro è la previsione dello stato del mare, che fa prefigurare notevoli difficoltà di deflusso lungo la rete scolante, con maggiori difficoltà a parità di portate affluenti.
«È una situazione che desta enormi preoccupazioni – afferma il Presidente del Consorzio di bonifica della Romagna Occidentale, Antonio Vincenzi – Proseguirà, pertanto, lo straordinario impegno degli operatori consorziali che da più di 10 giorni non ha mai avuto interruzioni. A emergenza cessata, occorre fare una riflessione seria, che porti a decisioni concrete e tempestive, su come realizzare opere strutturali di prevenzione dell’emergenza. Non essendo ipotizzabile per ragioni tecnico-economiche un ridimensionamento del reticolo idrografico in un contesto fortemente urbanizzato qual è quello del territorio emiliano-romagnolo, la soluzione più efficace dei problemi è quella delle casse d’espansione che si possono prestare anche a una funzione di accumulo d’acqua per incrementare la resilienza ai fenomeni siccitosi. Ciò vale sia per la rete idrografica naturale, che attraversa il territorio di pianura in condizioni di prensilità, sia per il reticolo di bonifica. Il nostro ente già da tempo ha inserito nelle proprie schede di programmazione la realizzazione di casse d’espansione di valenza comprensoriale in ciascun comparto idraulico di competenza. Si tratta di interventi che non possono essere posti a carico della contribuenza consorziale, ma necessitano di finanziamenti pubblici che purtroppo finora sono mancati. Se finalmente cambia l’approccio, posso assicurare che i Consorzi dispongono delle capacità progettuali e realizzative necessarie per svolgere con la massima efficacia il ruolo di enti attuatori».
«Altra considerazione da fare – conclude Vincenzi – è che qualunque opera artificiale dell’uomo, casse d’espansione comprese, ha dimensioni finite, che in fase progettuale vengono stabilite in base a serie storiche di dati e parametri dettati dalle norme e dalla letteratura scientifica. Se l’opera si trova a fronteggiare un evento di entità superiore a quella per la quale è stata progettata, le inevitabili conseguenze negative non sono necessariamente da ricondurre a carenze di manutenzione o progettazione, come per riflesso condizionato si tende a fare. Deve aumentare la consapevolezza che il nostro è un territorio vulnerabile per sua conformazione naturale e che non esiste opera dell’uomo che possa azzerare il rischio idraulico. Per questo motivo, oltre a nuove infrastrutture, serve anche un’educazione collettiva sulle buone prassi da adottare nei casi di emergenza idraulica».