“A conclusione della visita della Commissaria Unesco nei siti candidati a patrimonio riconosciuto dalla World Heritage List, esprimiamo soddisfazione per le posizioni di sostegno espresse, pressoché da tutti gli interlocutori, ed in particolare dai rappresentanti delle istituzioni locali e regionali.
Legambiente, anche nell’incontro con la Commissaria, ha dichiarato il proprio impegno per la tutela di questo ambiente unico quale è la Vena del Gesso, non solo come “protezionismo” di questi luoghi sensibili, ma come necessità che tutte le attività umane siano rese ecocompatibili su tutto il territorio. Per questo abbiamo cercato di interloquire con le comunità locali e con i soggetti economici e produttivi, sostenendo che le attività presenti nell’area in questione, sia industriali che agricole, possono e debbono convivere, con modalità sostenibili, con le aree maggiormente tutelate. Rimarranno perplessità e la nostra azione di confronto non potrà che continuare.
Su questo tema ritorniamo, precisando di nuovo alcune proposte che avanziamo da tempo, proprio per confrontarci anche con chi ha di recente espresso dubbi sulla candidatura Unesco. Ci riferiamo alle dichiarazioni delle associazioni degli agricoltori (amplificate da un settimanale locale) che forse non hanno colto come il riconoscimento Unesco potrebbe offrire benefici a tutto il territorio senza interferire sulle attività agricole, come peraltro è già avvenuto con l’istituzione del Parco della Vena del Gesso.
Di tutt’altro spessore sono le preoccupazioni dei sindacati e dei lavoratori attualmente occupati nella cava e nelle attività collegate (che peraltro non si sono detti contrari alla candidatura Unesco) i quali, legittimamente, pongono il problema del mantenimento di un presidio industriale in questo territorio.
La questione, senza alcun collegamento con la candidatura Unesco, (a meno che non si pensi di scavare tutta la collina – cosa già vietata da norme preesistenti) da tempo ci interroga sulla necessità di progettare un’altra idea di sviluppo territoriale, da rivendicare alle Istituzioni locali e regionali, oltre che ovviamente alla Saint Gobain.
Per queste ragioni abbiamo proposto che il nuovo PIAE, che deve essere definito rapidamente, prenda a riferimento lo scenario B dello studio regionale, ossia il piano che indica la continuazione dell’estrazione per un periodo comunque significativo – superiore ai 10 anni – solo dentro l’area già precedentemente individuata.
Le diverse valutazioni dell’azienda e degli studi commissionati dalla Regione, sulle quantità di materiale estraibile in questo perimetro, dovranno essere opportunamente verificate, sulla base delle modalità di scavo, di uso di tutto il materiale, di sistemazione dei gradoni, oltre che di ripristino delle parti dismesse del sito.
In ogni caso, e da subito, l’azienda Saint Gobain dovrebbe impegnarsi: – a riconvertire progressivamente le attività del sito, organizzandosi per diminuire l’uso del gesso vergine con il massimo utilizzo di cartongesso dismesso, (nell’ambito di progetti sull’economia circolare), la cui raccolta differenziata nei cantieri edili è già in atto in diverse regioni e non sempre questi materiali trovano adeguata collocazione; – a diversificare le produzioni, avviando la sperimentazione anche di pannelli coibentanti e di biomattoni, riducendo, se non sostituendo, l’uso del gesso, con argille, calce, canapa e altre fibre naturali.
Queste produzioni, che già sono avviate altrove, essendo basate sull’uso di materiali naturali avranno un sempre maggior impiego nel futuro dell’edilizia, perché riducono i consumi energetici e le emissioni, sostituendosi ai materiali chimici e di sintesi.
In prospettiva, anche nella ipotesi di riduzione e cessazione delle estrazioni di gesso, si potrebbe ipotizzare un metadistretto dell’edilizia sostenibile, ossia un distretto locale di materiali edili innovativi, programmando la coltivazione della canapa e di altre fibre naturali nelle zone circostanti allo stabilimento industriale che le utilizza.
Un progetto che anche la Regione e le Amministrazioni pubbliche locali potrebbero sostenere e promuovere, come ha affermato qualche tempo fa anche l’assessore regionale all’Ambiente, Irene Priolo, dichiarando, tra l’altro: “È tempo di ragionare di un distretto produttivo innovativo della filiera del gesso, importante per il recupero delle materie seconde” .. Ipotesi di lavoro, queste, che manterrebbero nella zona attività economiche e produttive importanti, alle quali si potranno aggiungere iniziative in altri settori: ecoturismo, didattica, tutela del paesaggio, realizzazione del parco geologico museale. E la candidatura Unesco della Vena del Gesso e del suo patrimonio, potrà svolgere un grande ruolo, insieme alle iniziative che già l’Ente Parco ha in programma.”