Quando, inaugurando il 1° dicembre scorso il museo archeologico Classis, il sindaco De Pascale ha annunciato che siamo entrati nella serie A dei musei, aveva certamente associato nella sua impresa il Museo d’Arte di Ravenna, comunale anch’esso, alle cui fortune, arrivando a Palazzo Merlato con l’assessore alla Cultura Signorino, ha infatti imposto una radicale riforma.

Più che l’autocelebrazione saranno i dati dei visitatori paganti, che ci auguriamo travolgente, a stabilire, anche per la tenuta del bilancio societario, se il Classis è da serie A. Invece per il MAR i numeri già ci sono, per quanto sotto traccia, e li fornisco in anteprima.

Circa le masse degli “spettatori” paganti – che nei tornei nazionali classificano le preminenze – osserviamo dunque il prospetto seguente, che ho confezionato su dati ricavati dai bilanci ufficiali del Comune, da ultimo il conto assestato di fine 2018 e il bilancio di previsione 2019.

 

MUSEO D’ARTE DELLA CITTA’ (MAR)
Confronto dei bilanci tra il 2015 e il 2019
(in euro, esclusi i centesimi)

 Anno                Entrate tariffarie             Copertura delle spese (*)

2015                        300.180                             44,96

2016                        239.916                             45,75%

2017                          83.731                            19,74%

2018 (**)                 120.000                 non ancora definita

2019 (***)                  95.000                             8,12%

(*)       calcolando le entrate dalle tariffe e dalle sponsorizzazioni
(**)     dal conto assestato di fine anno del Comune di Ravenna
(***)   dal bilancio di previsione del Comune di Ravenna

Negli anni 2015 e 2016, gli ultimi della gestione Spadoni, il MAR ha quindi ricavato dai suoi visitatori rispettivamente 300.180 e 239.916 euro, che hanno coperto il 44,96% e il 45,75% di tutte le spese pagate dal Comune, percentuale altissima nel campo delle attività culturali. Sono stati gli anni delle “grandi mostre” denominate Il Bel Paese. L’Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra, dai Macchiaioli ai Futuristi” (2015) e La seduzione dell’antico. Da Picasso a Duchamp, da De Chirico a Pistoletto” (prima metà del 2016, dopodiché Spadoni è stato “licenziato”.

Negli anni 2017 e 2018, primi anni della gestione De Pascale/Signorino, gli incassi sono stati rispettivamente di 83.731 e 120.000 euro, che hanno coperto nel 2017 il 19,74% della spesa e nel 2018 una percentuale certamente magrissima, ma ancora da definire. Si sono avute in questi anni le “grandi mostre” intitolate a Montezuma, Fontana, Mirko. La scultura in mosaico dalle origini a oggi” (2017) e ? War in over. Arte e conflitti tra mito e contemporaneità”. Abbiamo anche la previsione ufficiale per il 2019, secondo cui le entrate tariffarie saranno di 95.000 euro, coprendo l’8,12% delle spese.

Ciò significa che nella gestione Spadoni i visitatori paganti, più o meno il triplo della nuova era, “rimborsavano”, in nome della Cultura e dell’economia turistica di alta qualità, quasi la metà del soldi pagati dai cittadini, a fronte oggi del 10/20 per cento sì e no.

Nella serie A professionistica, il MAR ce l’aveva dunque portato Spadoni. De Pascale/Signorino l’hanno riportato tra i dilettanti, quali sono in campo culturale.

Giacché le chiacchiere son chiacchiere. La matematica no