Le manifestazioni del Niballo Palio di Faenza 2020 sono state annullate a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19, determinando l’impossibilità di assegnare il drappo che ogni anno viene consegnato dal Vescovo sul sagrato della Cattedrale al cavaliere del rione vincitore della competizione. A celebrazione della bellezza e dell’importanza che il Palio ricopre per la città, a partire dallo scorso 28 giugno (data in cui si sarebbe dovuta disputare la giostra presso lo Stadio B. Neri) l’Amministrazione comunale ha attivato presso via Pistocchi una mostra fotografica dedicata alle figure del corteo storico a cura del fotografo faentino Francesco Bondi. Accanto alle immagini, è esposto al pubblico anche il drappo dipinto dall’artista Marco Casadei che avrebbe dovuto essere assegnato al Rione vincitore della giostra di quest’anno. Abbiamo chiesto all’artista di raccontarci il suo lavoro e le ispirazioni che stanno dietro a questo simbolo unico per la città manfreda.
L’effigie di San Pietro secondo l’artista: da uomo a combattivo fondatore della Chiesa
“Sovente San Pietro è stato rappresentato nella sua veste di uomo: spesso un pescatore, una figura umile, con i suoi conflitti interiori o le sue debolezze”, spiega l’artista. “Io invece, in questo drappo realizzato per il Palio di Faenza, ho voluto dare un’interpretazione meno usuale della figura di Pietro, esaltandone il carattere combattivo e l’importanza che questo è stato chiamato ad avere con il suo ruolo di fondatore della Chiesa. Per questo l’ho voluto rappresentare in forma allegorica in cui l’apostolo non veste più i panni di uomo umile, ma indossa la mozzetta e porta sul capo la mitra. Queste vesti vogliono simboleggiare il suo ruolo di primo vescovo di Roma e quindi primo Papa; nella mano sinistra tiene le chiavi, anziché impugnare il pastorale e questo, impone al corpo, un movimento in avanti sottolineando il carattere combattivo del santo, che è posto in primo piano e in controluce”.
Davanti a lui è citata la “Cattedra di San Pietro” – la macchina barocca progettata dal Bernini per l’abside della basilica vaticana- oltre che per il valore simbolico (essa contiene la reliquia della cattedra in legno su cui, secondo la tradizione medioevale, l’apostolo Pietro sedeva per istruire i cristiani), soprattutto per i suoi aspetti formali e scenografici. Nella zona centrale, dove è collocato lo Spirito Santo simboleggiato da una colomba, si irradia la luce che, come in un’esplosione, investe le nuvole, gli angeli e tutto ciò che vi orbita attorno.
La rilettura del drappo alla luce dell’emergenza sanitaria
L’artista ha voluto inserire all’interno della composizione un piccolo riferimento alla città di Faenza, anch’essa investita dalla luce. Si tratta di un bagliore che vuole simboleggiare positività e salvezza, “due aspetti che adesso, in questo sfortunato anno segnato dall’emergenza sanitaria – spiega Casadei – sono ancora più carichi di significato. Su quest’ultimo aspetto mi sento di spendere due parole: io non sono di Faenza e anche se abito a pochi chilometri di distanza, a Piangipane, non avevo mai visto disputare il Palio. L’anno scorso, per la prima volta, mi è capitato di assistere alla sua celebrazione, una rievocazione storica di grande impatto come mai avevo visto prima di allora. Ho percepito l’enorme valore che questo avvenimento ha per la città e comprendo il dispiacere dei faentini (e non solo dei faentini) di non poter vedere disputare il Palio quest’anno, a causa del Covid-19”.
Quel futuro per il drappo 2020? Sull’argomento questo il commento di Casadei:
Ho assistito da esterno all’iter che ha portato a questa scelta sofferta e, come è naturale che sia, in questa situazione inedita, mi sono reso disponibile a dare l’unico contributo a mia disposizione verso la città di Faenza, quello cioè di modificare e adeguare il drappo all’anno 2021, in modo che possa essere utilizzato per la prossima edizione del Palio, col desiderio, anch’io, di poterlo vedere nel suo contesto naturale per cui è stato studiato: quello di premio per il Rione vincitore della 64esima edizione del Niballo Palio di Faenza.”
Marco Casadei: chi è l’artista del drappo 2020
Dopo essersi diplomato nel 1994 in Decorazione Pittorica presso l’Istituto Statale d’Arte di Forlì, segue il corso di Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna diplomandosi nel 2000 con voto 110 su 110 con lode, presentando la tesi “Ferdinando Bibiena e l’identificazione dello spazio reale con lo spazio virtuale”. Nel 2001 frequenta il “Corso Professionale per tecnici di allestimento teatrale” presso il Teatro Sociale di Rovigo istituito dalla Regione Veneto. Nel 2006 consegue il diploma biennale di secondo livello ad indirizzo didattico classe 18/A, presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Dal 1993 svolge attività espositiva in ambito pittorico, in mostre collettive e personali, a cui affianca, dal 1998, la realizzazione di apparati espositivi (“I Bibiena, una famiglia europea”, tenutasi nel 2000 presso la pinacoteca di Bologna; “L’antichità del mondo, Fossili, Alfabeti e Rovine” tenutasi nel 2002 a palazzo Poggi, Musei Universitari di Bologna) e l’attività di scenografo e scenotecnico, principalmente per l’allestimento di opere liriche per teatri e istituzioni, in particolare, dal 2002 al 2003 opera presso il Teatro Comunale G. Borgatti di Cento (FE). Dal 2005 al 2006 collabora in veste di assistente scenografo alla realizzazione del film “Il germe del melograno” per la regia di Silvana Strocchi. Collabora inoltre come scenografo e scenotecnico con diverse compagnie di teatro di prosa, tra cui, dal 1996 al 1999, la compagnia di teatro di figura “Il Serafino” di Gambettola (FC) e nel 2003 con “I Commedanti della Pieve” di Pieve di Cento (BO).