Da un’idea di Marcello Landi il canile di Ravenna diventa “L’ospizio dei trovatelli”. Anche quest’anno il 15 aprile l’Associazione Dis-ORDINE DEI CAVALIERI DELLA MALTA E DI TUTTI I COLORI di Ravenna, in occasione dell’Anniversario della scomparsa di Totò avvenuta nel 1967, ha voluto ricordare l’ultimo Principe di Bisanzio – Esarca di Ravenna con un piccolo mosaico apposto all’ingresso del Canile Comunale.
L’iniziativa, condivisa con l’Assessorato all’Ambiente del Comune di Ravenna, vuole sottolineare come Ravenna sia da tempo legata al nome di Totò, e ancor di più, dagli Anni ’80 quando Achille Bonito Oliva, grande conoscitore ed estimatore del Principe De Curtis, curò alcune mostre alla Pinacoteca Comunale e durante le sue incursioni in città non mancava di citare le vantate radici bizantine del Principe della risata rilasciate nelle varie interviste, tra cui, la più nota, quella concessa a Oriana Fallaci nel 1963 per l’Europeo in cui l’artista rivendicava la sua discendenza dinastica da Bisanzio e la sua somiglianza con i personaggi raffigurati nei mosaici di Ravenna in San Vitale.
Non fu facile per il Principe de Curtis dimostrare la sua nobile discendenza fino al 1951 anno in cui una sentenza del Tribunale di Napoli riconosce l’ascendenza nobile della sua famiglia e lo dichiara unico discendente di tutte le dinastie bizantine. E da questo momento la leggenda diventa storia come anche il suo nome Antonio Griffo Focas Flavio Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, Altezza Imperiale, Conte Palatino, Cavaliere del Sacro Romano Impero, Esarca di Ravenna, Duca di Macedonia e di Illiria, Principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, Conte di Cipro e di Epiro, Conte e Duca di Drivasto e Durazzo, in arte Totò.
Il canile di Ravenna dedicato a Totò, amico dei cani
Ma forse non tutti sanno che l’indiscusso re della commedia italiana nel 1965 fece costruire un canile a Roma, “L’Ospizio dei Trovatelli”, un canile moderno e attrezzato, per il quale spese ben 45 milioni di lire, una cifra assai consistente per l’epoca. Perché il principe della risata era generoso come pochi, come ricordava Vittorio de Sica, e questa sua generosità si esplicitava anche e soprattutto nella cura dei “trovatelli” (e non “randagi”, parola che a quanto pare irritava Totò). Ai cani quasi mai attribuiva un nome (“Mica sono figli”). Li chiamava tutti “cane” e basta”. In questa definizione, “cane” e basta, era racchiuso tutto il suo grande amore per ciascuno di loro, indistintamente.
All’intervista condotta dalla scrittrice e giornalista Oriana Fallaci, alla domanda sui motivi per i quali recitasse anche in film di scarsa qualità, il grande Totò rispose:
– “Signorina mia (…) io non posso vivere senza far nulla: se vogliono farmi morire, mi tolgano quel divertimento che si chiama lavoro e son morto. Poi sa: la vita costa, io mantengo 25 persone, 220 cani… I cani costano…”.
– “Duecentoventi cani?!? E perché? Che se ne fa di 220 cani?!”
– “Me ne faccio, signorina mia, che un cane val più di un cristiano. Lei lo picchia e lui le è affezionato lo stesso, non gli dà da mangiare e lui le vuole bene lo stesso, lo abbandona e lui le è fedele lo stesso. Il cane è nu signore, tutto il contrario dell’uomo. (…) Io mangio più volentieri con un cane che con un uomo.”
Il pannello, ben visibile da chi percorre la strada Romea, è un’opera collettiva in mosaico bizantino ravennate realizzata con materiali lapidei e smalti vetrosi dagli ex-allievi del Dis-ORDINE Giorgia Baroncelli, Marika Dall’Omo, Dana Donnoli, Ferrino Fanti, Barbara Morara, Clarissa Nuzzi, Elena Pagani, Bruna Vanoni e Brunetta Zavatti, con l’auspicio che incentivi nuove adozioni per gli amici a quattro zampe.
L’associazione ringrazia la FONDERIA ORSONI VENEZIA per il gentile contributo di materiali.