Giovedì 23 aprile il sindaco di Alfonsine Riccardo Graziani e il sindaco di Fusignano Nicola Pasi hanno commemorato il 76esimo anniversario dell’Eccidio del Palazzone.

I sindaci si sono recati in via Palazzone, nelle campagne tra Fusignano e Alfonsine, per deporre una corona. L’eccezionalità della situazione dovuta alla pandemia in corso ha imposto che la commemorazione si svolgesse a porte chiuse.

LA STORIA (da resistenzamappe.it)

Uno dei primi e principali scontri armati di pianura nella Bassa Romagna si ebbe all’alba del 23 aprile 1944 intorno ad alcune case coloniche, usate all’epoca come basi partigiane, nella campagna tra Fusignano e Alfonsine, nota come fondo San Tommaso.

Quell’ambiente coltivato “a larga” compreso tra il Canale di Fusignano e lo Scolo Arginello appariva infatti un luogo sicuro ove far riparare i primi nuclei di partigiani che di notte attentavano alle colonne di automezzi tedeschi in transito sulla Statale 16 Adriatica.

Alcune iniziative precedenti organizzate durante le prime “giornate Gap” – momenti simultanei di sabotaggio promossi in ambito provinciale per intimidire gli occupanti – finirono per essere notati dai fascisti locali che individuarono le case di latitanza usate dai partigiani.

Così, quando la sera del 22 aprile un gruppetto di prigionieri russi intenzionati a disertare fu accompagnato dai partigiani al podere Palazzone, partì una delazione che da Ravenna mobilitò verso la località Fiumazzo un vasto rastrellamento da parte di un centinaio di soldati tedeschi e alcune decine di fascisti, armati con mitragliatrici e mortai, che alle 5 del mattino circondarono le case del podere Palazzone.

Partigiani e coloni, assediati e minacciati dal fuoco appiccato ai fienili, si difesero con le poche armi leggere per diverse ore; poi in tarda mattinata dovettero soccombere, lasciando sul terreno otto caduti. Il caposquadra Aurelio Tarroni, arrestato con alcuni documenti compromettenti indosso, fu a lungo torturato sul posto senza esito. Stremato e oramai incosciente fu trasportato a Ravenna insieme al colono Ettore Zalambani e allo slavo Reper Janez per essere fucilati poco dopo presso le mura del cimitero.

Alla sua eroica memoria fu concessa la Medaglia d’Argento al valore militare e intitolato il Distaccamento partigiano locale che dopo pochi mesi sarebbe entrato a far parte della 28° Brigata Gap di Ravenna.

Dopo l’eccidio, che in tutto costò 11 vittime fra i resistenti, le due fattorie coinvolte furono saccheggiate di ogni bene e date alle fiamme dai fascisti, insieme alle stalle ed a tutte le vigne del campo.