I Comitati alluvionati dell’Unione della Romagna Faentina hanno inviato una lettera  al presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele de Pascale, e all’assessore regionale al welfare, Isabella Conti, per parlare del gravo disagio psicologico in cui versano molti alluvionati, a seguito degli eventi degli ultimi due anni, contraddistinti da nuovi allagamenti, allerte meteo e grandi paure, come quelle affrontate lo scorso fine settimana. I comitati chiedono in sostanza che le istituzioni considerino, legata all’alluvione, anche la problematica della ricaduta psicologica e accelerino gli interventi di messa in sicurezza del territorio.

Pubblichiamo la lettera firmata Comitato Bassa Italia, Comitato Borgo 2, Comitato Borgotto, via della Valle, via Chiarini, Comitato Marzeno, Comitato Orto Bertoni:

“Con la presente vogliamo portare alla sua attenzione lo stato di profonda frustrazione che le popolazioni alluvionate di Faenza stanno vivendo da maggio 2023, in seguito alle devastanti alluvioni che, da allora, hanno colpito la città ben tre volte.

Come saprà, venerdì scorso, il 14 marzo, un ‘altra allerta rossa ha prodotto evacuazioni, mobilitazione della protezione civile per una piena del fiume Lamone che è andato di nuovo vicino alla esondazione anche in città.
Nel 2023 la Caritas diocesana, dopo le alluvioni di maggio, si preoccupò del nostro stato di persone molto colpite dagli eventi e preparò un questionario per valutare lo stato della salute psicofisica della popolazione alluvionata, ottenendo 586 risposte.

Il report dell’indagine che porta la data del 29 maggio 2024 può essere reperito al seguente link:

Degli intervistati ben 577 denunciarono dopo l’alluvione paura, ansia, stress, agitazione, tachicardia, tristezza, irritabilità, stanchezza, predisposizione al pianto, minor concentrazione, senso di fragilità e abbandono, disturbi del sonno.
Il futuro era visto con enorme preoccupazione per il timore di una nuova alluvione, e conseguenti danni per la propria casa e per le proprie finanze e, certamente non da ultimo, la paura di essere abbandonati dalle istituzioni e dalla solidarietà dei concittadini….
Sono passati quasi due anni dal maggio 2023 e la situazione è questa: sono stati fatti lavori di ripristino in somma urgenza, ma non interventi per la prevenzione, si procede con allerte meteo sempre più frequenti dovute a piogge che, purtroppo, a settembre 2024 hanno causato un’altra grave alluvione proprio nella parte più colpita della nostra città.
Ormai tutti concordano sulla evidenza del fatto che i terreni collinari trattengono sempre di meno l’acqua e che bastano pochi giorni di pioggia sull’ Appennino, sbriciolato dalle numerosissime frane, per causare altri disastri.
Il timore di prossime alluvioni è quindi aumentato, le finanze sono peggiorate per via di ristori complicatissimi e in gran parte da richiedere e/o da erogare, e per la svalutazione totale della propria proprietà.
Il lavoro di ricostruzione privata finora fatto con una operosità encomiabile, tipica della popolazione romagnola, è stato tuttavia condotto con la paura di perdere tutto di nuovo, paura che frena tuttavia ancora molti dall’intraprendere la ricostruzione in assenza di garanzie sulla sicurezza del territorio e temendo ancora per la propria incolumità: più d’uno a settembre 2024 ha perso nuovamente tutto quanto faticosamente ricostruito.
Le allerte sempre più frequenti, l’evacuazione presso parenti e amici o al palazzetto deputato al ricovero, costringono a lunghe notti insonni per monitorare i livelli idrometrici; si deve abbandonare la propria casa con angoscia, dando un ultimo sguardo a come è, e immediatamente viene in mente il fango da cui è stata faticosamente ripulita e che si ha l’angoscia di ritrovare.
A questo si aggiunge il senso di impotenza, la rabbia per quei lavori di prevenzione che non si vedono, per la mancanza di quella comunicazione di una loro puntuale programmazione che tanto darebbe sicurezza, maggior tranquillità e speranza di un ritorno alla vita di prima, nel bene più prezioso che è la propria casa nel quartiere in cui molti vivono da sempre.
Ci si chiede, quindi, quanto si potrà resistere a questo carico di stress che produce una pessima qualità di vita e chiediamo, secondo l’articolo 32 della Costituzione, la tutela della salute della popolazione alluvionata, laddove per salute si intende “uno stato completo di benessere fisico, mentale, sociale” (OMS, 1948).
Dov’è tutelata l’uguaglianza dei cittadini se qualcuno può liberamente vivere nel proprio quartiere sicuro, mentre altri debbono sempre più spesso scappare dalle loro abitazioni, legittimamente costruite e regolarmente autorizzate, per non rischiare di perdere anche la vita?
Non è compito della Repubblica “rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini”? (Costituzione della Repubblica Italiana, Art.3)
Noi non siamo più né uguali né liberi: anche in questo caso senza sicurezza non c’è libertà. Ringraziando fin d’ora per l’attenzione concessa, inviamo cordiali saluti”.