Da Faenza, da Granarolo, arriva una lunga lettera diretta alle istituzioni locali, regionali e nazionali. I circoli di quartiere sono a rischio fallimento dopo un anno di pandemia. Le attività sociali bloccate hanno di fatto creato grandi buchi nei bilanci a fronte di una serie di spese che comunque non si sono mai interrotte. Il direttivo del Circolo Arci di Granarolo Faentino ha quindi scritto una lettera per chiedere un ripensamento delle funzioni che in tempi normali svolgevano questi circoli, luoghi di incontro, di comunità, che acquistano ancora più importanza se rapportati alla solitudine che contraddistingue la pandemia:
“La situazione che stiamo vivendo è sicuramente senza precedenti nella storia recente dell’umanità.
Non esistono più il Natale, l’Epifania, il carnevale, la Pasqua, il 25 aprile. Il 1° maggio. come li avevamo conosciute fino a ieri.
Nel calendario ci sono ancora sia le feste religiose che quelle civili, ma hanno assunto una dimensione asettica, privata, solitaria. Queste ricorrenze assieme a tante altre localmente importanti svolgevano una funzione che andava al di là della stessa ricorrenza e del suo valore e rappresentavano un momento di rinnovato vigore sociale, di incontro, dello stare insieme di una Comunità.
Neanche le calamità naturali o le guerre avevano inciso in modo così drastico su quello che è il fondamento delle comunità : la vita sociale, l’aggregazione, i momenti dello stare insieme.
Non vogliamo e non dobbiamo qui dimenticare le migliaia di persone decedute, le scie di dolore lasciate nelle famiglie spezzate, la tragedia umana di una vita che se ne va nella solitudine senza la vicinanza di uno sguardo e di un conforto.
Né intendiamo sottovalutare le dimensioni del danno economico che la pandemia sta procurando. Ci vorranno anni per recuperarlo e per tanti, troppi, sarà la fine prematura del lavoro di una vita, o del lavoro su cui si sperava di costruire un futuro.
Da qui parte la necessità, la priorità assoluta affinché si percorrano tutte le strade per la riapertura, appena sarà possibile, di tutti quei luoghi che da sempre nelle periferie, nei piccoli paesi, nei borghi, nelle parrocchie sparse nella campagna sono stati da anni il punto dove una comunità piccola o grande, anziana o giovane trovava il momento di vivere insieme e di condividere relazioni, passioni, idee e da ultimo la quotidianità di un vivere sociale.
È impossibile fare un elenco completo di questi luoghi di ritrovo e di viva socialità, sicuramente ne rimarrebbe fuori qualcuna: Centri sociali, Circoli Arci, Parrocchiali, Anspi, Acli, Endas, Piccole Associazioni culturali, sportive, Biblioteche di quartiere,
Le Istituzioni, la politica hanno il dovere irrinunciabile di sostenere queste attività. Ben vengano i necessari ed adeguati ristori, ma questo non basta : non possiamo pensare che finita la pandemia tutto ritorni come prima.
Occorre far si che neanche una di queste attività chiuda. Un Circolo chiuso è un pezzo di storia e di cultura di una realtà che muore, che se ne va e lascia un vuoto.
Non bastano generiche affermazioni di solidarietà o medagliette di cartone al così detto Terzo settore ( in realtà dovrebbe essere il primo ). L’unico sostegno reale fino ad ora è arrivato dalla Regione, mentre il silenzio degli Enti locali, delle Unioni dei Comuni e dello Stato centrale è a dir poco sconcertante/ imbarazzante.
Oggi occorre un ripensamento serio sulle insostituibili funzioni svolte da questi centri di aggregazione e di promozione sociale presenti nelle nostre comunità e riconoscere quanto siano fondamentali anche per superare l’isolamento, la sfiducia, l’inattività e la depressione specie nelle persone più fragili , anziane, ma anche giovanissime.
Se si riconosce l’importanza di queste funzioni è dovere di tutti costruire una rete dove innovazione, sostegno ed una nuova progettualità ridiano vigore a chi, senza nulla chiedere, ha fatto e fa della socialità la sua ragion d’essere.
Un danno economico, col lavoro e sacrificio, lo si può superare e recuperare.
La rottura degli anelli delle relazioni sociali è un altro gradino che approfondisce la frattura fra centro e periferie e lascia un vuoto difficile da ricostruire e senza via di ritorno.
C’è quindi il bisogno urgente di vedere un riconoscimento concreto delle funzioni sociali, solidali e proattive che questi luoghi di aggregazione attivano sul Territorio. Se la politica e le Istituzioni saranno assenti su questi temi, rinunceranno ad una delle loro funzioni primarie.
Un Circolo che chiude è una ferita per tutti. Speriamo vivamente che ciò …. non accada”.