La venuta del nuovo Presidente del M5S Giuseppe Conte a Ravenna meriterebbe numerose riflessioni e non solo sulle modalità che questo movimento adotta per sostituire i propri esponenti che si sono prestati alla politica e sono espressione della comunità locale. Oltre ad alcuni quesiti che si potevano porre sulle controverse decisioni prese sull’Oil & Gas dal suo (ormai diventato) “partito”, le quali hanno penalizzato uno dei settori economici e occupazionali trainanti per l’economia ravennate, si potevano porre al Prof. Giuseppe Conte o ai suoi rappresentanti sul territorio, anche alcune domande sul Reddito di Cittadinanza e sui possibili riflessi che quest’ultimo ha determinato sulla reperibilità di personale da parte delle aziende.
E’ ciò che emerge parlando con le tante aziende locali, le micro e le medio imprese, gli artigiani, i ristoratori, i trasportatori e diversi altri settori economici dove non sono richiesti livelli di istruzione universitaria o magistrale, i quali faticano sempre più a trovare personale disponibile.
Il tema è decisamente complesso, ma quanto mai attuale, ed attribuire la responsabilità di tale situazione al solo reddito di cittadinanza può sembrare approssimativo, ma in realtà questo sussidio, così concepito, non solo rischia di disincentivare la cultura e il valore del lavoro previsto costituzionalmente (dove si parla di diritto al lavoro e non di diritto al reddito), ma a questo si aggiungono altri sussidi come ad esempio la “disoccupazione”, un altro sostegno più che condivisibile ma che, aggiungendosi a quello di cittadinanza, va certamente a rallentare la propensione a rioccuparsi.
Le ultime statistiche ufficiali (INPS) pubblicate ad agosto 2021 e riferite al periodo giugno-luglio di quest’anno indicano, al di là dei 482 beneficiari della Pensione di Cittadinanza, che nella provincia di Ravenna vi sono 6.078 persone che percepiscono il Reddito di Cittadinanza, per un importo medio mensile pro capite di 469,20 Euro. Se volessimo estendere il dato alla Romagna, quale ipotetica area di riferimento in termini imprenditoriali e occupazionali, Rimini conta 5.992 beneficiari (importo medio di 474,95 Euro) e Forli Cesena ne registra 4.761 (media di 468,34 euro).
La difficoltà di reperimento del personale, o che questo voglia rioccuparsi in termini rapidi, può anche essere determinata da uno stipendio troppo basso per talune professioni, oppure dal fatto che il reddito di cittadinanza sia troppo alto. Tuttavia, se a quest’ultimo aggiungiamo la paghetta, il lavoretto, il contributo locale all’acquisto di questo e quello … beh, la cultura nel non lavoro rischia di dilagare, soprattutto nei giovani ai quali oggi è concesso (e disponibile), molto più di quello che noi adulti avevamo alla loro età.
Su tutto questo, a livello amministrativo locale, possiamo fare ben poco, se non porci dei dubbi sui principi ispiratori del Partito di Giuseppe Conte e sull’opportunità di includerlo in una coalizione che si propone di governare la città, ma sulla difficoltà di reperire lavoratori da parte delle imprese si potrebbe pensare di creare sinergie politiche ed economiche per incentivare, sostenere e rilanciare le Scuole Professionali, gli Istituti Tecnico Scientifici (Its) ed i Corsi di formazione per l’inserimento nel mondo del lavoro realmente disponibile sul territorio. Una amministrazione come quella di Ravenna, con un Assessorato alle politiche giovanili ed uno Sportello informativo rivolto ai giovani (che non può dimostrare parte della sua attività esibendo il numero di accessi al proprio sito), può e dovrebbe essere promotrice, insieme alle rappresentanze imprenditoriali, e perché no dei lavoratori, di iniziative che migliorino il collegamento fra Scuole e Corsi professionali con le aziende locali, nonché favorire il reperimento e l’utilizzo dei fondi strategici resi disponibili dal PNRR per la formazione ed il reimpiego dei lavoratori.