Anche quest’anno la rassegna jazz Crossroads – alla sua 23esima edizione – fa tappa a Fusignano, con quattro concerti che si terranno all’auditorium «Arcangelo Corelli», in vicolo Belletti 2.
Venerdì 11 marzo, nell’ambito delle celebrazioni per la Giornata internazionale della donna, ci sarà il concerto di Kinga Glyk. Funky, fusion e un tocco di ironico glamour anni Ottanta, quando il messaggio era «divertiamoci» e non «siamo pieni di problemi». La polacca Kinga Glyk, appena venticinquenne, ha pure trasformato il basso elettrico in uno strumento di rara flessibilità. Un paio di suoi video su YouTube valgono più di un’intera biografia (non per nulla hanno milioni di visualizzazioni). Dopo l’esordio all’età di 12 anni, nel 2015 pubblica il primo disco (Rejestracja), mentre con il terzo album (Dream, del 2017) approda alla distribuzione della Warner Music. In Feelings (2019), un potente groove va a braccetto con una rara capacità di trasmettere emozioni. Sul palco insieme a Kinga troviamo Nicolas Viccaro (batteria), Pawel Tomaszewski e Joshua Domfeh (tastiere).
Lo Spi-Cgil di Fusignano omaggerà tutte le partecipanti con una mimosa.
Venerdì 18 marzo è il turno di uno degli artisti residenti del festival, Paolo Fresu (tromba, flicorno, effetti), assieme con Paolo Angeli (chitarra sarda preparata). Entrambi originari della Sardegna, entrambi trasferitisi a Bologna per perseguire la loro strada musicale, entrambi infusi dei suoni della loro terra, che hanno saputo trasportare all’interno delle strutture di altre musiche, di matrice jazzistica nel caso di Fresu, più sperimentale in quello di Angeli. Paolo Angeli (nato nel 1970, cresciuto a Palau, attualmente di base in Spagna) si identifica con il suo strumento, unico al mondo: una chitarra tradizionale sarda da lui stesso rielaborata con l’aggiunta di altre corde, numerosi pick-up, martelli, pedali, eliche a passo variabile. Partendo da uno strumento popolare, Angeli ha preso le vie della più imprevedibile ricerca, incrociando la sua strada con quella di musicisti come Hamid Drake, Takumi Fukushima, Ned Rothenberg ed Evan Parker, Fred Frith, Antonello Salis, Gavino Murgia, Pat Metheny.
Paolo Fresu (Berchidda, 1961) è notoriamente un inventore di situazioni musicali. La sua carriera è costellata di innumerevoli collaborazioni, sempre profondamente significative. L’incontro con Angeli lo pone in una situazione particolarmente stimolante per lanciarsi liberamente in quei suoi voli radenti sui suoni e i ritmi del Mediterraneo, che planano sull’improvvisazione jazzistica raccogliendo lungo il percorso stimoli di qualunque latitudine musicale.
Terzo appuntamento venerdì 25 marzo con il quartetto di Roberto Gatto. La prima notorietà di Roberto Gatto (nato a Roma nel 1958) risale al 1975, anno di debutto del Trio di Roma, co-diretto assieme con altri due musicisti destinati come lui a segnare profondamente la storia del jazz nazionale: Danilo Rea ed Enzo Pietropaoli. Da allora, nel corso di quasi cinque decenni di carriera, Gatto si è imposto come l’esempio più rappresentativo e ricercato della batteria jazz italiana.
Dopo aver svolto per lungo tempo il ruolo di sideman di lusso, Gatto si sta ora concentrando principalmente sulla sua attività da leader. In tale veste ha dato vita a varie collaborazioni con musicisti della scena statunitense. My Secret Place, registrato e pubblicato nel 2021, è il messaggio inviato da Gatto alla comunità jazzistica quando ancora era in pieno lockdown. Lo studio di registrazione come luogo sicuro per non perdersi nell’isolamento. Circondato da collaboratori affiatati, tutti coinvolti nella composizione del repertorio (che, oltre agli originali, include anche brani provenienti da latitudini sonore non jazzistiche), il batterista romano approfitta di questa occasione per introdurre una nuova vocalist: Beatrice Gatto, sua figlia, classe 1996. Sul palco saliranno anche Alessandro Lanzoni (pianoforte), Alessandro Presti (tromba) e Matteo Bortone (contrabbasso).
La rassegna chiude venerdì 8 aprile con il trio di Joscho Stephan. Sin dal titolo, Django Forever, e dall’organico tutto corde, il trio del chitarrista tedesco Joscho Stephan mette in chiaro la sua dedizione al gipsy swing, il jazz gitano che furoreggiò negli anni Trenta e che da allora ha sempre conservato una sua forte identità all’ombra del suo nume tutelare: Django Reinhardt. Ascoltando Joscho, il canone classico di questa musica suona improvvisamente rivitalizzato, come illuminato dall’interno: il gusto interpretativo cerca significati personali nei classici del repertorio, che escono di colpo dal loro status di brani intoccabili. Nato nel 1979, Joscho Stephan ha esordito su disco nel 1999 (Swinging Strings, che lo ha immediatamente imposto all’attenzione internazionale). Ha poi collaborato con Biréli Lagrène, Tommy Emmanuel, Frank Vignola, Paquito D’Rivera, Charlie Mariano, James Carter, Grady Tate. A Fusignano sarà accompagnato da Sven Jungbeck (chitarra ritmica) e Volker Kamp (contrabbasso).
I concerti iniziano alle 21. L’ingresso costa 15 euro intero, 13 euro ridotto (under 25, over 65, soci Combo Jazz Club di Imola e Touring Club Italiano). Per informazioni e prenotazioni chiamare lo 0544 405666 (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13), email info@jazznetwork.it. Biglietteria serale dalle 19.30 (telefono 338 2273423).
I concerti sono organizzati da Jazz Network, in collaborazione con il Comune di Fusignano e con il sostegno dell’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna e del Ministero della Cultura.