Gli Enti di gestione per i Parchi e la Biodiversità sono stati istituiti dalla Regione con L.R. n. 24/2011, per gestire tutte le aree protette esistenti nel territorio regionale, suddiviso in cinque parti, ognuna assegnata ad uno di questi Enti. Così, ad esempio, l’Ente Emilia Orientale gestisce i parchi dei Gessi Bolognesi, del Corno alle Scale, dell’Abbazia di Monteveglio, dei Laghi di Suviana e Brasimone, di Monte Sole.
L’Ente Delta del Po gestisce solo il Parco del Delta del Po (perché nella macroarea ad esso affidata c’è solo il Delta del Po) e l’Ente Romagna gestisce solo il Parco della Vena del Gesso Romagnola (allo stesso modo, perché nel territorio ad esso affidato c’è solo questo parco).
La Romagna storica, geografica e biogeografica (come sempre accade, divide et impera) è stata divisa in due parti: Ravenna, Cervia e l’Unione della Bassa Romagna sono state messe con Ferrara e, quindi, con l’Ente Delta del Po; il Circondario Imolese, l’Unione della Romagna Faentina, la Provincia di Forlì-Cesena e la Provincia di Rimini sono stati affidati all’Ente Romagna.
Ora, se il Parco del Delta del Po (istituito con L.R. n. 27/1988) fosse riportato a ciò che è davvero il delta del Po, cioè al territorio dal fiume Reno (antico ramo meridionale del Po di Primaro) al Po di Goro (delta attivo) e le pinete e le zone umide romagnole (generate dai fiumi romagnoli, dal Lamone al Savio) fossero riportate alla Romagna storica, geografica, biogeografica a cui appartengono, l’Ente Delta del Po potrebbe continuare a gestire il “vero” delta del Po e l’Ente Romagna gestirebbe, oltre al Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola, anche il Parco regionale delle Valli e Pinete di Ravenna e Cervia e, perché no, l’area marina protetta.
Dunque non un parco intercomunale o un parco provinciale, ma un parco regionale come gli altri 14 esistenti in Emilia-Romagna, gestito da uno dei cinque Enti che già gestiscono gli altri parchi regionali, con la stessa dignità e le stesse risorse. Però, con maggiore attenzione, garantita da un Ente istituito per occuparsi delle aree naturali della Romagna, il cui personale conosce perfettamente quei territori.
Un Ente che già lavora, da quasi un decennio nell’ottica della “Romagna Biogeografica” di Pietro Zangheri, che metterebbe testa e cuore nella conservazione di aree ad oggi abbandonate, mettendo in campo una gestione che veda un più adeguato coinvolgimento dell’Università il cui trentennale corso in Scienze Ambientali, che ha sede proprio qui a Ravenna, rappresenta una delle eccellenze scientifiche più alte e qualificate a livello europeo.
Dal punto di vista della governance, l’Ente Romagna verrebbe ad aggiungere ai cinque componenti il Comitato Esecutivo (un rappresentante della Provincia di Ravenna, uno della Provincia di Forlì-Cesena, uno della Provincia di Rimini, uno della Città Metropolitana di Bologna per la parte imolese, uno dei Comuni del Parco della Vena del Gesso Romagnola) un rappresentante dei Comuni del Parco delle Valli e Pinete.
Dal punto di vista della comunicazione e della percezione del Parco verso i turisti e i cittadini, vi sarebbe un miglioramento netto, dato dalla coerenza con cui ci si presenta e dal senso di appartenenza, oggi assente.
La coerenza, cioè il Parco delle Valli e Pinete di Ravenna e Cervia, un nome che significa che questo territorio è legato alle sue specificità tra le quali mare. Dunque -perché no?- anche alla fruizione balneare, per la quale il nuovo parco potrebbe costituire quell’aggiunta alla proposta turistica, oggi tanto ricercata; l’appartenenza, cioè la consapevolezza di essere parte di una storia che è solo di queste terre e dell’unicità delle sue tradizioni.
L’esatto contrario di quanto avviene adesso, invece, dove i nostri territori del cosiddetto “delta storico” non sono altro che una “costola meridionale” del ben più importante “delta vero”.
Così, infatti, Ferrara considera le aree ravennati; aree talmente avulse dal delta tanto da averle escluse dalla candidatura a Riserva della Biosfera UNESCO.
Proviamo a farci una semplice domanda: oggi, quanti cittadini di Ravenna si riconoscono come abitanti di una città del delta del Po? Nessuno! Perché? Semplicemente perché Ravenna e il suo territorio non hanno niente a che fare con il delta del Po da 2000 anni.
E allora serve una nuova visione che sappia recuperare anche una corretta percezione: vale a dire un’area protetta che parli ai cittadini di Ravenna e Cervia, che sappia raccontare la loro storia, la storia del territorio a cui appartengono e quella delle comunità che l’hanno modellato.
La storia dei pinaroli, dei salinari, culture abbandonate a cui il Parco del Delta non ha saputo (o non ha voluto?) dare spazio. Solo l’anguilla di Comacchio. Un parco, dunque, che possa diventare in primis senso di appartenenza, ridando alle pinete, alle valli e alle saline il valore che avevano un tempo e che, se ci pensiamo, da quando è stato istituito il Parco del Delta del Po, hanno perso e non solo a livello locale.