La Flai Cgil esprime grande preoccupazione per il settore dell’agroalimentare e per i circa 6.000 lavoratori avventizi, ogni anno in esso impegnati in provincia di Ravenna. Il momento di crisi è relativo alle condizioni climatiche e alle gelate primaverili che hanno provocato una diminuzione delle produzioni e il conseguente calo delle giornate di lavoro, specie per il settore ortofrutta e trasformazione. A questo si aggiungono le difficoltà che anche le aziende del nostro settore stanno affrontando, a causa delle ripercussioni dovute alla pandemia dal punto di vista sociale ed economico, che ha colpito anche questo comparto con una flessione generale della domanda di prodotti ortofrutticoli, dovuta in particolare alla ridotta attività degli esercizi di ristorazione e del settore ricettivo.
“Sul fronte del lavoro nel comparto dell’ortofrutta – commenta la segretaria generale della Flai Cgil Ravenna, Laura Mazzesi – la situazione più critica è rappresentata dagli avventizi, che in questo momento di generale difficoltà sono totalmente privi di un qualsiasi paracadute sociale. Il loro contratto è del tutto simile a quello dei lavoratori a chiamata, per cui lavorano quando le aziende hanno bisogno di manodopera. È sorto, però, un nuovo problema che si presenta con sempre maggiore frequenza. Può succedere infatti che un avventizio riceva la chiamata per il lavoro, ma per motivi legati a quarantene o sospetti contatti con casi positivi al coronavirus debba rifiutare la chiamata. L’azienda giustamente avvia i protocolli di prevenzione contro i contagi e lascia a casa il lavoratore in attesa che sia sottoposto a tampone o finisca, ad esempio, il periodo di isolamento fiduciario. In tali condizioni gli avventizi non solo perdono preziose giornate di lavoro, ma non c’è alcuna misura sociale che li aiuti a sopperire alle giornate perse”.
Gli avventizi hanno una copertura solo nel momento in cui viene registrata la positività al tampone; prima di allora non hanno diritto ad alcunché. “Pertanto – prosegue Laura Mazzesi – in assenza di alcun tipo di ammortizzatore sociale, è necessario che vengano accelerate le procedure per l’effettuazione dei tamponi, per far perdere meno giorni di lavoro possibili a questi lavoratori. Siamo, quindi, di fronte a una grave assenza di tutele per persone già pesantemente colpite dalla crisi. Per loro diventa anche sempre più difficile raggiungere le 102 giornate lavorate in un biennio, per avere diritto all’indennità di disoccupazione e ai requisiti minimi per garantirsi l’anno pieno pensionistico”.
“La fotografia di questa pesante situazione – conclude la sindacalista – necessita di interventi straordinari a partire dal garantire il blocco delle giornate lavorate l’anno precedente (elenchi anagrafici) e l’individuazione di ulteriori misure per la copertura dei periodi di assenza dal lavoro per il contrasto al Covid, ad oggi ancora del tutto inadeguate”.