Presentata l’8 edizione del Festival Dante2021. A Ravenna dal 12 al 16 settembre

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Presentata l’ottava edizione del Festival Dante2021 promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna con la direzione scientifica dell’Accademia della Crusca.
Durante la conferenza stampa sono intervenuti Michele De Pascale Sindaco di Ravenna, Ernesto Giuseppe Alfieri Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, Antonio Patuelli, Presidente Gruppo la Cassa di Ravenna e Domenico De Martino, Direttore Artistico Dante 2021.

Il Festival si apre mercoledì 12 settembre, alle ore 17
 presso gli Antichi Chiostri Francescani, con i saluti di Ernesto Giuseppe Alfieri(presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna), Claudio Marazzini, (presidente dell’Accademia della Crusca), Domenico De Martino(direttore artistico di Dante2021).

Seguirà l’intervento di un ospite in arrivo dalla – non più così lontana – Cina, il professor Wen Zheng, docente di lingua e letteratura italiana dell’Università degli Studi Internazionali di Pechino (BFSU), nonché vice presidente dell’Associazione di Studi Italiani della Cina. Il vasto e vario impegno del professor Wen, traduttore di numerosissime opere italiane – è per altro segretario dell’Associazione Nazionale Cinese di Traduttori Italo-Cinese – ma anche autore di saggi e testi didattici per l’insegnamento dell’italiano, è stato riconosciuto con il conferimento, nel 2012, dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia. Con Dante e le sue opere in Cina il professor Wen svelerà quale ruolo il Poeta ha svolto in passato e quale svolge oggi nella sempre maggiore attenzione che la cultura e la lingua italiana stanno conquistando in Cina. Basti pensare che sono oltre venti le università cinesi con un corso di laurea in italiano e ogni anno oltre cinquemila studenti cinesi si iscrivono a università italiane.

Alle 18.30 l’inaugurazione della mostra Tre cantiche in astratto, che affianca in un dialogo serrato tre opere dell’artista fiorentino Luca Brandi – dedicate a InfernoPurgatorio e Paradiso – a tre composizioni del poeta pavese Andrea De Alberti, legate a citazioni dantesche delle tre cantiche e che hanno come termine comune la parola letto (Inferno XIV, v. 9; Purgatorio X, v. 15; Paradiso XXX, v. 3). Nella formazione di Brandi – classe ’61 – si incontrano due mondi apparentemente distanti, quasi opposti: da una parte le chiese di Firenze, che l’artista da giovanissimo frequentava mentre aiutava il proprio maestro nella produzione di icone sacre, e dall’altra la scoperta dell’arte minimalista di Richard Serra, Brice Marden, Frank Stella. Da allora i quadri di Brandi – già esposti in sedi prestigiose quali Palazzo Rosso a Genova – si basano sulla sovrapposizione di strati di colori spesso metallici; ma, piuttosto che sancire il trionfo di un immobile astrattismo, evocano profondità di velluti, fragranze di carta, un’eco di tormentata spiritualità in bagliori tonali. Andrea De Alberti – la cui ultima raccolta Dall’interno della specie è stata pubblicata nella collana bianca di Einaudi – riconduce, con procedimento simmetrico, la «alta fantasia» di Dante, metaforica e spiritualizzante, alle dimensioni dell’esperienza quotidiana, conservando tuttavia la stessa tensione astrattiva. La mostra è presentata nel catalogo da un ampio saggio di Andrea Cortellessa, storico della letteratura e critico letterario tra i più agguerriti, nonché collaboratore di Rai Radio 3.

La sera stessa, alle ore 21, nella Basilica di San Francesco è in programma La musica dei Cieli.
Il Paradiso
: un concerto di musica sacra per coro (di autori antichi e contemporanei), ispirato ai temi del Paradiso dantesco e curatodall’Associazione Musicale Angelo Mariani.

Giovedì 13 settembre alle 17 sarà Claudio Ciociola della Scuola Normale Superiore di Pisa, dove ha insegnato a lungo Filologia italiana, ad aprire la (ricchissima) seconda giornata del Festival ai Chiostri. Formatosi con Alfredo Stussi e Gianfranco Contini, Ciociola ha concentrato la propria ricerca principalmente sulla letteratura delle origini, compresa la tradizione dell’opera dantesca; in quest’occasione introdurrà Il detto del gatto lupesco, additandone i caratteri in qualche modo di “antecedente” della Commedia. «Quello k’io sono, ben mi si pare. / Io sono un gatto lupesco»: così si presenta il protagonista del poemetto di fine Duecento – 144 versi fra ottonari, novenari e decasillabi in distici a rima baciata – che sarà qui interpretato da Virginio Gazzolo (già insignito del premio Dante-Ravenna nel 2013 e raffinato e acuto interprete della poesia dantesca). Questa volta Gazzolo si calerà nei fantastici ed enigmatici panni del gatto lupesco, che l’ignoto autore del pometto in volgare fiorentino accompagna con un ritmo da cantastorie, verso dopo verso e avventura dopo avventura, tra cavalieri arturiani ed eremiti, tigri e giraffe, pantere e dragoni, in un viaggio funambolico e liberatorio attraverso un «diserto aspro e duro».

Al centro del pomeriggio si colloca l’incontro con Mario Cannella, direttore del Vocabolario Zingarelli; in altre parole l’uomo che da quasi trent’anni veglia sulla fabbrica delle parole e misura il polso della lingua italiana. Lessicografo di mestiere – «mestiere rimanda al latino ministerium, cioè servizio» ricorda puntuale – rende il proprio servizio all’Italia rivedendo, anno dopo anno, le voci che riempiono le pagine del dizionario. Una missione per la quale servono occhio, orecchio, cervello ed estro: «L’occhio serve a cogliere le novità nella lettura di qualunque testo, dall’articolo di giornale al cartellone pubblicitario. L’orecchio dev’essere sempre teso quando si ascoltano la radio, la televisione o una conversazione. Il cervello è la sede della capacità logica nel costruire le voci del dizionario. L’estro soccorre nella creazione di esempi adeguati che spieghino le parole». A Cannella non poteva che essere affidato un sorprendente itinerario sulle tracce delle «Parole mie che per lo mondo siete» (così Dante in una delle sue Rime) per scoprire le Presenze dantesche nel vocabolario Zingarelli.

Alle 21 i Chiostri Francescani ospiteranno infine il secondo momento musicale di quest’edizione, il concerto-lezione Il Dante di Liszt: al piano uno dei maggiori interpreti mondiali del compositore ungherese, Michele Campanella. Il Maestro, che ha suonato con le maggiori orchestre del mondo e con i più celebrati direttori, da Muti a Mehta, da Abbado a Prêtre, da Sawallisch a Schippers, avverte: «Non mi chiamate pianista, preferisco il terminemusicista: con il primo si pensa alle mani, con il secondo al cuore e al cervello». Due ingredienti – cuore e cervello – che dispiegheranno appieno il loro potenziale nell’appuntamento di giovedì sera, non solo concerto straordinario ma anche, attraverso la sapienza del Maestro, la scoperta nelle cose e nelle note del rapporto profondo fra Liszt e la Commedia (e altri autori della letteratura italiana), fonte d’ispirazione di alcune delle composizioni in programma oltre che, naturalmente, della Dante-Symphonie.

Venerdì 14 settembre la terza giornata del Festival si apre con un appuntamento mattutino. Alle 11, nella storica Sala dantesca della Biblioteca Classense, si affronterà in una prospettiva particolare e “dantesca” uno dei temi più presenti nel recente dibattito culturale, anche sui giornali: il valore dell’eredità classica della cultura latina e greca. Sotto la guida di Claudia Arletti (del “Venerdì di Repubblica”) si discuterà di Nelle lingue classiche le chiavi della complessità (Un preavviso di Dante). Insomma, chi conosce latino e greco non solo acquisisce una maggiore competenza anche in italiano, nel lessico e nella struttura grammaticale, ma la complessità, caratteristica fondamentale e ardua della civiltà contemporanea, trova chiavi interpretative e possibilità di dominio proprio nelle lingue classiche. Insieme a Francesco Sabatini, già docente dell’Università di Roma Tre e presidente onorario dell’Accademia della Crusca (di cui è stato presidente effettivo dal 2000 al 2008) e ormai notissimo volto della televisione come protagonista del Pronto soccorso linguistico in onda la domenica mattina all’interno di Unomattina (RAI 1), ci saranno lo storico della lingua Paolo D’Achille (Università Roma3, direttore della «Crusca per voi»), il classicista Gianfranco Agosti (La Sapienza di Roma) e il lessicologo Cosimo Burgassi (Opera del Vocabolario CNR).

Alle 17 nella Sala Corelli del Teatro Alighieri sotto il riferimento dantesco «Europa dolce carco» (Paradiso XXVII, v. 84), il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, sottolineando con la sua presenza il rilievo internazionale della figura e dell’opera dantesca, discuterà delle attuali e complesse prospettive europee, culturali e politiche, con Antonio Patuelli, presidente del Gruppo La Cassa di Ravenna e dell’Associazione Bancaria Italiana; coordinerà l’incontro Paolo Giacomin, direttore di «QN Quotidiano Nazionale» e del «Resto del Carlino».

Alle 21 si ritorna nei Chiostri Francescani per L’ultimo incontro (Dante e Francesca), una pièce firmata dallo scrittore fiorentino Marco Vichi, premio Scerbanenco e creatore del notissimo commissario Bordelli, ma anche di testi più rarefatti e riflessivi come Il console. La regia di questa novità, realizzata appositamente in Prima nazionale per Dante2021 (in collaborazione con il Teatro della Toscana. Teatro nazionale), è di Antonio Frazzi, anche adattatore del testo; protagonista, Andrea Giordana. L’esperienza del regista, cinematografica e televisiva, oltre che teatrale (di lui si ricordano tra le altre le fiction su Don Milani, Falcone, la strage di Marcinelle, ma anche la serie televisiva del Commissario De Luca) si manifesta nelle scelte di fondo: «nei luoghi magici dei Chiostri francescani, adiacenti alla Tomba di Dante, vogliamo far emergere la figura del Poeta uomo e scrittore, così come Vichi l’ha colta, raffigurando Dante proprio nel momento della creazione; cercheremo di utilizzare luci, suoni e musica, quasi come in una contemporanea partitura per il cinema, per condurre, per magia, appunto, lo spettatore dentro la memoria e la mente del Poeta». Andrea Giordana è stato il volto, indimenticabile, del Conte di Montecristo e una delle presenze più amate del teatro e della televisione italiana. In questo caso si calerà nella materia dantesca, assecondando il testo di Vichi che, come spiega l’autore stesso, racconta «come i sommi poeti – così come i grandi scrittori – siano capaci di trasformare ogni vicenda personale e quotidiana in arte sublime e universale, una sorta di trasmutazione del metallo in oro».

Alle 22, sarà la “dantesca” Basilica di San Francesco, dove quasi sette secoli fa si celebrarono i funerali del Poeta, ad accogliere Morte e resurrezione – Thánatos kai Anástasis, che sulla traccia del XIV canto del Paradiso combina suoni e parole in un recitar cantando che è anche un viaggio tra Ponente e Levante, tra arcaico e contemporaneo, tra suggestioni dantesche ed echi dell’antica Persia. Ideato da Stefano Albarello, il concerto-spettacolo raccoglie interpreti impegnati in un percorso sulla vocalità come forma di spiritualità e sulla rinuncia alla vita materiale per la rinascita spirituale. Così la voce recitante di Amerigo Fontani si immerge nei suoni puri delle campane di cristallo di Giuseppe Olivini (Lux Vivens) e incontra il canto armonico di Raffaele Schiavo; mentre il richiamo del ney (flauto di canna) di Giovanni De Zorzi e dello zarb (tamburo a calice) di Fabio Tricomi invitano alla meditazione sulle parole dei mistici sufi, sull’armonia delle sfere e la «dolce sinfonia di paradiso» (Paradiso XXI, v. 59). Ma c’è spazio anche per i canti polivocali della tradizione campana, come il Miserere tramandato oralmente dai confratelli dell’Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso e Monte dei Morti di Sessa Aurunca. E ancora: il canto greco-bizantino su morte e resurrezione, tratto proprio da manoscritti conservati nella Biblioteca Classense di Ravenna e di cui sarà interprete lo stesso Albarello.

Sabato 15 settembre alle 11, ai Chiostri Francescani, lo storico della lingua Luca Serianni – accademico dei Lincei e della Crusca, nonché vicepresidente della Società Dante Alighieri e direttore con delle ultime edizioni del Devoto-Oli – presenterà Gli incipit della Commedia, indagandone da par suo gli elementi strutturali e lessicali comuni e individuando, nel grande tessuto della Commedia, le procedure messe in atto per il “lancio” dei Canti danteschi.

A seguire ritorna l’ormai tradizionale appuntamento con i giovani premiati alle Olimpiadi di Italiano. Anche quest’anno sarà lo stesso coordinatore scientifico delle Olimpiadi, Paolo Corbucci del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca a presentare al pubblico Filippo Milani e Gaia Bortoluzzi. Filippo è un italiano a Parigi, è incuriosito dalla biologia e dalla genetica, ma non rinuncia a sognare di diventare un musicista – ha cominciato a suonare la tromba quando aveva solo sei anni. Anche Gaia ha cominciato a suonare il pianoforte a quell’età, ma è anche una divoratrice di libri e vorrebbe visitare i luoghi in cui sono ambientati i grandi romanzi che più ama. Non mancano né sogni né passioni a questi giovanissimi, ma soprattutto è forte, e lo hanno dimostrato, il loro amore per la lingua italiana, che condivideranno con il pubblico di Dante2021.

Dante vive nelle scuole e nelle università, nei libri e nella musica, e anche nella vita comune, nelle parole di tutti i giorni e in quelle altissime, nelle tensioni intellettuali e in quelle politiche. È inevitabile dunque ritrovare Dante anche nelle pagine della Costituzione italiana: ad affrontare il tema del rapporto fra i due grandi testi della nostra civiltà, tra l’eredità dantesca e il testo fondante della nostra Repubblica, anche alla luce dei fermenti dell’epoca contemporanea, è chiamato Giovanni Maria Flick – giurista, politico e accademico che è stato Presidente della Corte Costituzionale – con l’intervento dal titolo Valori e profezie dantesche per l’Italia di oggi, in programma alle 16.30 sempre ai Chiostri.

Alle 18 il festival entra invece in punta di piedi nel Monastero di Santo Stefano, sede di una comunità nata nel lontano 1773 e ancora oggi esempio mirabile di equilibrio fra i ritmi di silenzio e solitudine propri dell’ordine e una cultura dell’accoglienza e del dialogo che le Monache Carmelitane coltivano nel cuore di Ravenna. In occasione di DANTE2021, le monache faranno dono al pubblico di un raro momento musicale, Il canto liturgico nella Commedia, curato da Stefano Albarello, perché « che m’inebrïava il dolce canto» (Paradiso XXVII, v. 3). In questo caso, dati i pochi posti disponibili, è necessario prenotare.

Alle 21 una delle occasioni più attese e significative: la consegna dei premi Dante-Ravenna e Musica e parole, nella Sala Corelli del Teatro Alighieri. Giuseppe Patota, storico della lingua con cattedra all’Università di Arezzo-Siena e accademico della Crusca, autore di testi divulgativi sulla lingua italiana di grande successo, nonché attivo nella didattica destinata agli stranieri, avrà il compito di presentare Cristiano De André, premiato per Musica e parole: non solo erede di una stagione leggendaria della canzone italiana e figlio di uno dei maggiori interpreti di quella vicenda, di cui rilegge e ripropone le canzoni, ma egli stesso valente cantautore. Carlo Ossola, raffinato filologo e critico letterario, accademico e umanista, da vent’anni docente al Collège de France, fino al 2016 direttore dell’Istituto di Studi Italiani dell’Università della Svizzera Italiana, socio dei Lincei e da quest’anno presidente del Comitato scientifico nazionale per il VII centenario della morte di Dante, presenterà il premiato di questo anno per Dante-Ravenna 2018. René de Ceccatty, narratore e drammaturgo francese di rilievo, si è segnalato anche come autore di studi significativi su Moravia, Pasolini, Leopardi, e ha recentemente dato alle stampe una luminosa, cristallina nuova traduzione in francese della Commedia; attualmente sta lavorando alla traduzione della Vita nova.

Domenica 16 settembre è l’ultima giornata del Festival, che sceglie anche quest’anno la Casa Matha (ore 11) per l’appuntamento con uno storico dell’arte. È la volta di Matteo Ceriana, già direttore delle Gallerie dell’Accademia a Venezia e oggi in forze al Museo del Bargello di Firenze, che affronterà i Monumenti per la memoria di Dante e Enrico Pazzi, con particolare attenzione alla figura del ravennate Enrico Pazzi. Scultore e museologo, Pazzi, nato a Ravenna nel 1818, studiò presso la locale Accademia di belle arti, salvo esserne espulso in quanto allievo poco docile. Grazie a una borsa di studio completò la propria formazione a Firenze, che presto divenne, assieme a Ravenna, sede principale della sua attività. Per la piazza Santa Croce di Firenze realizzò la grande e celeberrima statua di Dante (1857-1865). A Ravenna ideò e fu il primo direttore del Museo Nazionale (1887-1898) e alla propria morte, avvenuta a Firenze nel 1899, donò la collezione di antichità e i propri beni alla sua città natale; la biblioteca, le stampe e i mobili antichi al Museo Nazionale, quadri e sculture all’Accademia. Non a caso interverrà all’incontro anche Emanuela Fiori, direttrice del Museo e quindi legittima erede dell’impegno di Pazzi. Né è un caso che l’immagine della comunicazione del festival di quest’anno sia, dovuto omaggio, un calco in gesso della testa della statua di Dante di Santa Croce. Il calco, oggi collocato in una sala della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, e qui fotografato dal ravennate Giampiero Corelli, consente una visione ravvicinata e particolarmente intensa del volto idealizzato di chi, da 700 anni, continua con le sue parole a farci riflettere e a risuonare di poesia «con l’animo che vince ogne battaglia».