“Attivarsi, anche con la struttura commissariale, affinché vengano riconosciuti i danni subiti e si possano intraprendere i lavori di ripristino della struttura di via San Martino”. Questa la richiesta che Manuela Rontini (Pd) rivolge alla giunta regionale con un atto ispettivo sul poligono di tiro di Faenza.
Ricordando come la struttura sia stata colpita dalle alluvioni del 2 e del 16 maggio finendo sotto 5 metri di acqua, Rontini sottolinea come ad oggi lo stabile e le aree adiacenti siano ancora totalmente inagibili. La consigliera dem, ribadendo il valore di un edificio con 150 anni di vita sulle spalle, specifica come la proprietà sia in capo al demanio militare che “alla pari del Ministero della Difesa, non è ancora intervenuto per contribuire alla ricostruzione di tale bene pubblico, di valore storico e sportivo”.
All’associazione ‘Tiro a segno nazionale – sezione di Faenza’ l’onere della gestione ma, puntualizza ancora la consigliera, “l’associazione non è in grado di ripristinare da sola la struttura proprietaria, anche perchè non ne è proprietaria”.
A fronte delle dichiarazioni del Generale Figliuolo di un pronto inserimento della struttura in un decreto urgente, vista l’importanza istituzionale del poligono, Rontini stigmatizza come “ad oggi ancora nulla è accaduto, mentre il Ministero della Difesa ha comunicato l’autorizzazione ad accedere a finanziamenti pubblici senza specificare a quali fondi si riferisca e il 6° dipartimento del Genio militare addossa ai gestori ogni onere per il ripristino della struttura”.
Ricordando non solo la valenza storica dell’area (la costruzione dell’edificio fu autorizzata dallo stesso Giuseppe Garibaldi nel 1862 con una lettera autografa conservata nel locale Museo del Risorgimento), Manuela Rontini sottolinea anche come ‘l’Associazione tiro a segno nazionale’ “sia la più vecchia società sportiva faentina; prima dell’alluvione erano oltre 400 i soci che animavano la struttura, mentre oggi sono pochi soci rimasti per vincoli affettivi, mentre gli iscritti obbligati (appartenenti ai corpi dello Stato e gli abilitati al porto d’armi) vengono dirottati sulla struttura di Ravenna”.