«Non vogliamo alimentare inutili polemiche, ma solo contribuire a un dibattito più rispettoso e vicino alla verità dei fatti. Lo dobbiamo ai tanti clienti che abbiamo fidelizzato nel corso degli anni, come ai nostri dipendenti ma anche a questo lavoro che tanto ci impegna e in cui profondamente crediamo: da noi il prezzo di un chilo di pane comune è 5,70 €. Un prezzo che ha subito un aumento medio dell’8% nel corso dell’ultimo anno, a fronte di rincari che si sono aggirati – per noi panificatori – attorno al 60% quanto al prezzo delle farine e del 120% per l’energia elettrica e il gas. Per quanto riguarda un’azienda artigianale come la nostra, l’impennata di rincari è stata assorbita quasi interamente da noi: siamo i primi infatti a renderci conto delle difficoltà dei nostri clienti, che non vogliamo perdere né tantomeno abbandonare. Solo chiediamo pari rispetto per la nostra professionalità».
È pacato e insieme lucido il ragionamento delle sorelle Michela e Silvia Fabbri: perché mai come in questo periodo di grande difficoltà e nervosismo c’è bisogno di una voce che aiuti a ragionare senza strepiti, evitando di alimentare ogni forma di pericolosa psicosi. Le titolari, insieme ai loro genitori, dell’azienda artigianale “Fabbri – Delizie da Forno”, con quattro punti vendita sparsi tra Alfonsine (RA), Longastrino (FE) nella bassa ferrarese e sant’Alberto (RA), rappresentano un’azienda artigianale dal lungo corso e tra le più significative del territorio: attiva da oltre cinquant’anni, dal 1971, danno lavoro a 18 dipendenti e dal 2005 si sono distinte per la produzione di prodotti tipici della Romagna, facendosi conoscere anche a livello nazionale attraverso importanti manifestazioni come Taste di Firenze.
Le sfide imposte da una congiuntura economica delicatissima come la pericolosa guerra che si combatte alle porte d’Europa hanno spinto la famiglia Fabbri a far conoscere il loro impegno a tutto campo a favore dei loro clienti: «Il contenimento dei prezzi del pane – spiegano – passa anche attraverso la panificazione di pani di pezzatura più grande, da mezzo chilo se non da un chilo, oggi minoritari però rispetto all’acquisto. Noi infatti produciamo e vendiamo pane che pesa anche meno di 40 grammi, con conseguente aumento della manodopera, per un acquisto medio di 200 grammi (se non meno) a famiglia. La scelta della nostra azienda artigianale è di puntare su una qualità senza compromessi e su un’offerta diversificata che sa parlare a una clientela con esigenze e possibilità diverse, cercando di non lasciare indietro nessuno. Per il nostro pane usiamo solo olio extravergine di oliva, mai quello di sansa. Da tre anni produciamo un pane speciale (ma anche cracker e biscotti), con un grano antico come il Gentil Rosso che viene coltivato in Romagna o in Toscana in maniera naturale ed è ricco di fibre e povero di glutine. Siamo iscritti alla piattaforma “To Good to Go” che consente di eliminare lo spreco di cibo rivendendo le rimanenze a un prezzo simbolico di un paio di euro. Numerose sono poi le offerte interne sotto forma di vendite “Last Second”».
No all’allarmismo ingiustificato, no al terrorismo che s’è creato attorno al pane – sintetizzano le sorelle Fabbri – perché il suo aumento non è stato assolutamente proporzionale rispetto a quello dei costiper produrlo: «Un’informazione esaustiva deve fornire al lettore anche quelle che sono le nostre spese: i costi di elettricità e gas sono passati per noi da 4500 a 10mila euro al mese. Da settembre a oggi la farina è aumentata del 58%. Materie prime essenziali come olio, strutto, uova, burro hanno visto un incremento medio del 30%. Per gli imballi – come vassoi, carta e sacchetti – l’aumento si aggira attorno al 40%».