Le criticità sono tante, ma c’è anche tanta voglia di reagire tra le imprese del benessere. Sono questi i risultati che emergono dall’indagine di CNA nazionale tra le imprese di acconciatura ed estetica associate, studio che ha coinvolto anche un centinaio di imprese del nostro territorio dal quale, malgrado la crisi imposta dalla pandemia e le preoccupazioni per la degenerazione del contesto economico attuale, emerge una forte volontà di ripresa.
Di seguito alcuni dei dati più importanti emersi e il commento della presidente dell’Unione Benessere e Sanità di CNA Ravenna, Marina Ranzi.
La contrazione del fatturato. Le imprese che dichiarano di aver chiuso il 2021 con un fatturato inferiore a quello del periodo pre-pandemico sono il 61,4% del totale, a fonte di un 6,6% che invece ha fatto meglio rispetto al 2019.
I rischi per il futuro. Le opinioni degli imprenditori si polarizzano: alcuni si concentrano sul clima di incertezza e sulla compressione dei consumi che ne può derivare (43,7% delle risposte), dall’altro sull’aumento dei costi d’esercizio (31,5%). Un dato, quest’ultimo, che secondo la metà degli intervistati comporterà – a malincuore – un aumento dei listini.
Il rapporto con i dipendenti. Tre imprese su cinque definiscono “consolidati e durevoli” i rapporti con i propri dipendenti, mentre il 14% denuncia delle difficoltà nel reperire risorse umane adeguate alle esigenze.
L’orientamento alla formazione. È sullo sviluppo delle proprie competenze professionali che puntano gli operatori: il 68,7% degli imprenditori ha infatti intenzione di partecipare a corsi di formazione professionale entro la fine dell’anno, nel 42% dei casi con il coinvolgimento dei propri dipendenti.
Il rafforzamento dell’offerta. Pur in un quadro caratterizzato da elementi di incertezza e dall’aggravio di costi -a partire da quelli energetici- le imprese si mostrano intenzionate ad avviare azioni di rafforzamento della loro offerta e della loro capacità competitiva. Non a caso circa la metà degli operatori intende aumentare lo standard dei servizi offerti e il 42% vuole dedicare maggiore attenzione alla sfera del marketing. Solo il 12,3% delle imprese si dichiara al momento priva di una intenzionalità precisa o di strategie definite.
La voglia di continuare a investire. Al netto della formazione (ritenuta un asset fondamentale dalla maggioranza degli intervistati), un imprenditore del settore benessere su cinque vuole continuare a investire: si va dal rinnovo locali all’acquisto di nuove attrezzature e macchinari.
L’importanza di Internet. In materia di investimenti, in particolare nel marketing e nella gestione dei clienti, l’81,3% delle imprese dichiara di essere attiva sui social network, il 43,2% dispone di un sito internet aziendale e il 37,3% utilizza specifici software o applicazioni nelle relazioni con i clienti.
La dimensione relazionale. La capacità di “coltivare le relazioni” sembra essere un tratto distintivo delle professioni del benessere. Non a caso con l’acconciatore e l’estetista si configura spesso un rapporto fiduciario e a volte addirittura confidenziale. Si tratta di valori intangibili di notevole importanza e non stupisce che questi imprenditori possano diventare un riferimento stabile per le persone che si rivolgono a loro.
La soddisfazione del cliente. Durante il Covid (secondo il Censis) la privazione dei servizi alla persona fu considerata dagli italiani tra le più difficili da accettare. Forse anche per questo il 56% degli operatori intervistati individua nella “soddisfazione del cliente” la vera “forza motrice” della sua professione, molto più della realizzazione delle proprie aspirazioni imprenditoriali (23%), della possibilità di esprimere forme di creatività (16%), degli stessi ritorni economici dell’attività aziendale (7,7%).
“Sono numeri – commentaMarina Ranzi, Presidente dell’Unione Benessere e Sanità di CNA Ravenna – che testimoniano l’orientamento al cliente e al mercato che da sempre caratterizza l’attività delle nostre imprese. Anche le previsioni di investimento sono orientate proprio in questa direzione. Tutto questo però rischia di non bastare se non si pone un limite alla corsa dell’inflazione e soprattutto al costo delle bollette energetiche per le nostre imprese. Questa ricerca dimostra – conclude la Presidente – come la nostra categoria abbia scelto la qualità come elemento distintivo. Oggi però c’è il problema della sopravvivenza; per questo l’associazione sta promuovendo tra le imprese il risparmio energetico e buone pratiche economiche, ma per resistere occorre pensare anche a forme più forti di aiuto concreto da parte del mondo pubblico: ne va anche della tenuta del tessuto economico locale”.