Entra nel vivo la legge 206/2023, che prevede che le imprese culturali e creative si iscrivano in un’apposita sezione del Registro Imprese tenuto dalla Camera di commercio. Toccherà, poi, ai Ministri della Cultura e del Made in italy, con decreto, definire le modalità e le condizioni del riconoscimento della qualifica di Impresa culturale e le ipotesi di revoca.
“La forza del made in Italy – ha sottolineato Giorgio Guberti, presidente della Camera di commercio di Ferrara e Ravenna – deve molto alla cultura e alla bellezza. Cultura e creatività, oltre ad arricchire la nostra identità e alimentare la domanda di Italia nel mondo, possono oggi aiutarci a decodificare il presente e a esplorare idee radicali per affrontare le difficili sfide che abbiamo davanti, da quella ambientale in poi. La compenetrazione tra digitale e mondo della cultura e della creatività favorisce un maggior protagonismo delle nuove generazioni, nella fruizione e nella produzione di contenuti, a vantaggio di un’offerta più attrattiva verso nuovi pubblici. Anche per questo – ha proseguito il presidente della Camera di commercio – investire in arte, in istruzione, in beni culturali, in ricerca è sempre vantaggioso. Il ritorno sarà sempre più grande dell’impegno di spesa, perché ci offre conoscenze per conservare ciò che va conservato e stimoli per innovare e trasformare con creatività”.
Del resto, bellezza e cultura sono parte del DNA ferrarese e ravennate: nei territori delle due province infatti – evidenzia il Centro Studi della Camera di commercio – operano 20.000 imprese, soggetti pubblici e del terzo settore che si occupano di cultura e creatività: design, architettura, turismo, enogastronomia e servizi, fino ad arrivare al manifatturiero. Ma la cultura è anche un formidabile attivatore di economia. Complessivamente, per ogni euro di valore aggiunto prodotto dalle attività culturali e creative se ne attivano altri 1,8 in settori economici diversi, come quello turistico e dei trasporti.
“La creatività, l’accoglienza, la qualità e la bellezza – ha concluso Guberti – sono la risposta più efficace ai rischi di omologazione e di livellamento che inevitabilmente la globalizzazione comporta, ma non è soltanto una questione di risorse: servono idee, entusiasmo, proposte, facendo sistema tra settore pubblico e mondo delle imprese in modo sempre più convinto”.