C’è un filo sottile, invisibile ai più ma inequivocabile, che unisce le pagine sinfoniche dell’Ottocento italiano al più antico passato musicale di questo Paese. Nella terra di Monteverdi e Corelli, Scarlatti e Pergolesi, e ancora Jommelli, Paisiello e Cimarosa – dominatori indiscussi dell’Europa musicale fino a tutto il Settecento e oltre – la loro lezione continua a scorrere sottotraccia. Anche l’interesse per la musica strumentale che riemerge nel Novecento è il frutto di una tradizione ininterrotta. Emblematica è la figura di Giuseppe Martucci, di cui l’elegiaco e malinconico Notturno, concepito per pianoforte poi trascritto per orchestra nel 1901, è una delle pagine più celebri. Ma quella tradizione si esprime nello stesso repertorio operistico, nelle sinfonie, intermezzi e ballabili che divengono “pezzi da concerto”. E se il sognante Preludio sinfonico che Puccini compone nel 1882, quale saggio di studente, è concepito come pagina autonoma, lascia comunque intendere l’attenzione per lo stile europeo, in questo caso wagneriano, e la maestria orchestrale della futura produzione teatrale. Di respiro internazionale – meglio: universale – è anche l’arte che Verdi riversa nelle pagine strumentali che riassumono e anticipano il profilo drammatico delle opere: nella solenne e concitata Sinfonia che apre il Nabucco (1842) rivelandone lo straordinario forziere melodico; oppure quella in apertura a I vespri siciliani grand-opéra allestito per Parigi nel 1855. Per il pubblico della capitale francese sono pensati anche i ballabili con cui il compositore, dieci anni dopo, arricchisce la seconda versione del suo Macbeth: danze sfrenate e diaboliche come le Streghe cui sono destinate.
Il concerto di domenica scorsa, nuova tappa nel percorso che Ravenna Festival ha inaugurato quest’estate trasmettendo gratuitamente gli eventi in programma su piattaforma creata ad hoc, ha registrato 40.890 spettatori. Tra gli oltre cento Paesi da cui provengono i collegamenti, subito dopo l’Italia ci sono Giappone, Spagna e Russia, grazie anche ad alcuni speciali streaming partner che hanno diffuso il concerto dai propri siti: lo Spring Festival di Tokyo, già al fianco della manifestazione per i concerti dell’Amicizia che nel 2016 celebrarono i 150 anni di relazioni diplomatiche fra Italia e Giappone, e i quotidiani El País e Rossijskaja Gazeta. Anche il 29 novembre il pubblico italiano e straniero potrà ammirare la Ravenna “dantesca” nel breve video promozionale, precedente la trasmissione del concerto, sulle note del brano cinquecentesco Quivi sospiri, che Luzzasco Luzzaschi compose su versi del canto III dell’Inferno.
Per i primi eventi in streaming nei quasi 170 anni di storia del Teatro Alighieri, Ravenna Festival ha scelto di avvalersi dell’innovativa tecnologia d&B Soundscape, che grazie al software En-scene può ricreare l’acustica distintiva, l’impronta unica, di un luogo di concerto. Un’esperienza audio immersiva, insomma, che può essere apprezzata al meglio con cuffie o auricolari grazie alla misurazione della risposta acustica del teatro con l’obiettivo di garantirne l’esatta riproduzione anche per l’audio domestico. Accanto a diverse sale della Wiener Konzerthaus e alla sala concerti del Centro Congressi di Lucerna, il Teatro Alighieri è uno dei soli otto luoghi al mondo inseriti nel software…e il solo teatro italiano che ha raggiunto questa nuova frontiera della ricerca del suono.
Per una migliore visualizzazione su smartphone e tablet, è disponibile gratuitamente la APP di ravennafestival.live per Android e iPhone.
I concerti sono parte della XXXI edizione di Ravenna Festival – sostenuto anche quest’anno da Comune di Ravenna, Regione Emilia-Romagna e MiBACT, partner principale Eni – che potrebbe ancora riservare sorprese prima del 2021.