Riflettori accesi sulla vita e i problemi dei marittimi, e su tutto quello che a Ravenna si riesce a fare per loro. Questo sarà la Domenica del Mare che per la prima volta si celebra a Ravenna con un appuntamento nazionale che sarà trasmesso in diretta su Rai 1 nella Messa della domenica mattina. L’appuntamento è per domenica 14 luglio, alle 11 in Cattedrale. La Messa sarà presieduta dall’arcivescovo di Ravenna-Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni e concelebrata dal direttore dell’Ufficio Cei, don Bruno Bignami e da altri sacerdoti. “Un’occasione preziosa per dare visibilità al lavoro che la nostra Chiesa locale svolge in rete – scrive padre Vincenzo Tomaiuoli, direttore dell’Ufficio di Pastorale del migranti in diocesi – con enti ed istituzioni a favore dei 100mila marittimi che ogni anno transitano nel porto di Ravenna”.
Nel 2023 sono state 354 le navi visitate dai volontari dell’associazione Stella Maris, circa quattro al giorno, per un totale di 6411 marittimi incontrati a bordo e 1991 nel centro di via Paolo Costa. Un numero di servizi in costante crescita.
L’appuntamento di domenica 14 luglio e la diretta Rai sono un modo per dare voce, e contrastare l’invisibilità dei marittimi. “Complice la lontananza dei porti dalle città spesso i lavoratori del mare sono isolati dai centri abitati – dice ancora padre Vincenzo – e dai servizi da essi offerti. E questo rischia di rendere il marittimo vittima di logiche legate al solo profitto economico a scapito della dignità della persona”.
È un tema, sempre più d’attualità. Dopo lo scoppio del conflitto in Palestina, il passaggio nel canale di Suez crea paure e contrasti nei marittimi che approdano anche al porto di Ravenna: “È crescente tra i marittimi la preoccupazione di essere assegnati su navi che attraverseranno il Canale e di non poter far più ritorno a casa. Ai marittimi già imbarcati e con regolare contratto a cui viene prospettata tale rotta è chiesto di firmare un documento sulla conoscenza dei rischi e sull’assunzione di responsabilità. L’alternativa al rifiuto è il rientro in patria con la sospensione immediata del contratto e senza alcuna garanzia di tutela. In questo modo, i marittimi che provengono da Paesi del terzo mondo, quindi più vulnerabili economicamente, sono costretti ad accettare tali condizioni per portare a casa il salario necessario alla sopravvivenza della famiglia”.