Sabato 4 aprile Lista per Ravenna pubblicò una nota dal titolo: “Educatori delle scuole e dei centri sociali col lavoro agile. Restituirli ai soggetti con disabilità che ne soffrono la privazione”. Si riferiva ai disagi generalizzati sofferti da molte famiglie, spesso con situazioni insostenibili, per la chiusura delle scuole e dei centri sociali a causa del coronavirus. Riferimmo la nostra analisi, secondo cui tale disagio si riflette, nel comune di Ravenna, in una fitta serie di servizi che, finanziati dal Fondo sociale e dal Fondo per la non autosufficienza, accolgono complessivamente circa 374 soggetti, minori e no, certificati dalla legge quadro 104 del 1992, “per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili”. Un’ottantina di questi frequentano le scuole. 67 sono inseriti nei sette centri diurni socio-riabilitativi, 216 nei sedici centri diurni socio-occupazionali, 11 nei due nuclei aziendali. Gli educatori, tutti dipendenti dalle cooperative appaltatrici di questi servizi, non ricevevano, stando a casa da sei settimane, lo stipendio proprio dei dipendenti comunali dell’Istruzione e dei Servizio sociali loro colleghi, essendo pagati dal Fondo d’Integrazione Salariale (FIS) per tre quarti del loro salario, con un massimo di 938 euro. Valutando come questa situazione, ingiusta nei loro confronti, ricadesse negativamente sui progetti educativi dei loro assistiti, chiedemmo al Comune di affrontare con decisione questo problema, insieme alla cooperative appaltatrici, alle scuole e ai servizi sociali, con progetti innovativi da definire caso per caso, ricorrendo in particolare al “Lavoro Agile” (“Smart Working”), raccomandato dalle disposizioni governative, non comportante aumenti di spesa rispetto ai fondi già stanziati per questi servizi sul 2020.
Gli educatori avevano offerto disponibilità per un programma educativo da attivare a distanza, svolgendo videochiamate, videoregistrazioni, video dimostrazioni di attività fattibili per gli utenti, ecc., tessendo relazioni di cura, sostegno, mediazione e rete tra i diversi enti in campo e le famiglie, integrando il loro lavoro con corsi di formazione ed ore di programmazione e di confronto con i servizi. Non avendo ricevuto risposta, avevano più volte sollevato pubblicamente le loro rimostranze. Nella conferenza dei capigruppo del 17 aprile chiedemmo dunque al sindaco di riferire lo stato di avanzamento di queste attività innovative, che ci è stato riferito con la nota dell’assessore Bakkali, ristretta ai dati essenziali come segue.
APPOGGIO SCOLASTICO – Le attività, che coinvolgono 11 Istituti scolastici comprensivi, 9 scuole secondarie di II grado e tutti i nidi e scuole dell’infanzia, hanno avviato 83 progetti specifici per i bambini con disabilità che frequentano i nidi e le scuole dell’infanzia, con il coinvolgimento di 60 educatori; 200 progetti di affiancamento educativo-didattico per le scuole primarie e secondarie di primo grado, col supporto di 98 educatori; 60 per le scuole secondarie di secondo grado con 29 educatori. Sono stati attivati anche 6 interventi educativi domiciliari e 10 presso i centri diurni collegati all’attività scolastica. Il servizio di integrazione scolastica è stato rimodulato impiegando quasi il 90% degli educatori impiegati a regime, per il 50% del monte ore settimanale assegnato durante l’anno scolastico; nello specifico sono impiegati l’87% degli educatori per il 25% del monte ore nella fascia 0-6, l’87% degli educatori per il 55% del monte ore nella fascia 6-13 e il 91% degli educatori per il 67% del monte ore nella fascia 14-18.
CENTRI DIURNI – In questi servizi, capillarmente diffusi, punto di riferimento essenziale è il rapporto dei soggetti assistiti, pochissimo scolarizzati e spesso adulti, con la loro famiglia, ragion per cui punto principale di riferimento è l’assistenza fornita al loro domicilio con interventi individualizzati, a volte utilizzando anche gli spazi del centro diurno che frequentavano prima della chiusura. Altra complessità è data dalla rilevante componente sanitaria, che presuppone progetti capaci di integrarsi con quella sociale. Attualmente, la situazione è di massima la seguente: 90 famiglie non chiedono e non accettano interventi; 11 usufruiscono di un servizio domiciliare predisposto dalla cooperativa che gestisce il centro diurno del proprio congiunto; 10 del servizio educativo domiciliare in appalto; 3 dell’ampliamento del servizio educativo domiciliare in appalto; 30 di progetti innovativi di coprogettazione presentati dalle cooperative di gestione; 7 di un inserimento in struttura residenziale; 22 sono interessate ad un progetto in corso di definitiva formulazione da parte di una cooperativa di gestione.
RACCOMANDAZIONI – Siccome il ritorno alla normalità non potrà aversi a breve, raccomando ai servizi di adoperarsi, con determinazione e agendo in collegialità con tutte le parti interessate, per elaborare progetti multidisciplinari capaci di proporre soluzioni anche per i casi più problematici o in attesa di definizione. Siccome la norma parla di “coprogettazione”, sono fondamentali l’iniziativa e la partecipazione delle cooperative da cui dipendono gli educatori, i quali conoscono molto bene i singoli soggetti con disabilità inseriti nei vari centri diurni. Ognuno una storia a sé.