Dimissioni dal lavoro per seguire i figli: casi in aumento

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Aumentate le dimissioni dal lavoro e le risoluzione consensuali di lavoratrici madri e lavoratori padri in Emilia-Romagna. 5.146 i casi nel 2021. 4.174 erano stati nel 2020. Anche in Emilia-Romagna sono le donne ad abbandonare il lavoro per occuparsi della cura dei figli o di genitori anziani (Nello specifico, dei 5.146 casi, 4.980 riguardano dimissioni volontarie (il 96,8 per cento del totale), di cui 3.282 di donne, 69 dimissioni per giusta causa – l’1,3 per cento del totale -, di cui 50 di donne, e 97 risoluzioni consensuali – l’1,9 per cento del totale -, di cui 40 di donne. Il numero complessivo delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali riguarda in misura predominante le lavoratrici madri, 3.372 casi (1.774 casi per i lavoratori padri).. Una situazione figlia di un retaggio culturale che si traduce anche in una differenza di stipendi fra uomini e donne. Se lo stipendio inferiore è sempre quello della donna, naturale in una coppia che sia lei a dover abbandonare la carriera qualora ce ne fosse bisogno. Una realtà che però porta con sé discriminazioni nel mondo del lavoro, che rendono difficile alle donne con figli di rientrare alle stesse condizioni precedenti l’abbandono; difficoltà ad accedere ai servizi per l’infanzia; inquadramenti occupazionali che non riconoscono l’indennità di maternità; mancanza di sostegni ad una genitorialità condivisa.

Altri dati emersi dal report:
La maggior parte dei recessi riguarda lavoratrici e lavoratori di nazionalità italiana, 4.112 casi, il 79,9 per cento del totale. Si rileva, rispetto agli anni passati, una diminuzione dei recessi di persone extracomunitarie e di altri paesi dell’Unione europea, rispettivamente 761 e 273 (circa il 25 per cento di casi in meno, dati significativi di una mutazione del mercato del lavoro avvenuta nell’era Covid).
Se si sposta l’analisi alle fasce di età, si rileva che anche nel 2021 i provvedimenti riguardano in maggioranza persone nella fascia d’età che va dai 34 ai 44 anni (2.164 casi), il 42 per cento del totale, mentre il 35,2 per cento dei casi riguarda soggetti tra i 29 e i 33 anni. Poi, fra i più giovani, nella fascia d’età tra i 24 e i 28 anni, i recessi sono solo il 2,4 per cento del totale. Nell’ultimo biennio, però, si registra una tendenza all’aumento dei recessi per entrambi i generi nella fascia compresa tra i 3 e i 10 anni di servizio: 1.931 casi (1.571 nel 2020).
In regione, inoltre, il maggior numero dei recessi riguarda persone con un solo figlio o in attesa del primo (pari a 3.105 casi, il 60,34 per cento del totale), circa la metà per chi ha due figli (1.622 casi, il 31,5 per cento del totale), decisamente inferiore, ma in aumento rispetto all’anno precedente, la percentuale delle persone con più di due figli (419 casi, l’8 per cento del totale), del tutto marginali i casi durante la gravidanza. Per quanto riguarda l’età dei figli delle lavoratrici e dei lavoratori si osserva che, a differenza del passato, sono più numerosi i genitori dei bambini con età da 1 a 3 anni, 39,7 per cento del totale, rispetto a quelli con figli inferiori all’anno, 34,6 per cento del totale.
In merito alle qualifiche di inquadramento lavorativo, prevalgono i recessi nel profilo impiegatizio piuttosto che in quello operaio: sono 2.480 i recessi degli impiegati contro i 2.289 degli operai. L’indagine, inoltre, sottolinea una prevalenza di recessi delle femmine nell’ambito della qualifica impiegatizia, quasi quadrupla rispetto a quella degli uomini, al contrario di quanto si rileva per i recessi nel profilo di quadro, in cui è il personale maschile a essere il quadruplo di quello femminile.
La ricerca valorizza anche il dato sull’orario di lavoro: quasi l’80 per cento delle persone che chiedono il recesso lavorativo hanno un contratto full time, mentre il personale part time è quasi esclusivamente di genere femminile (996 donne contro 74 uomini). In numero inferiore rispetto al passato sono le richieste di passaggio all’orario part time o di flessibilità: solo 139 richieste (164 nel 2020), in prevalenza assoluta femminile. Positivo il sensibile aumento dell’accoglimento di queste richieste, che supera il 40 per cento, la percentuale più alta registrata negli ultimi anni.
Il settore maggiormente interessato dalle convalide risulta il terziario, tradizionalmente caratterizzato dalla prevalente occupazione femminile, seguito dall’industria; più basse sono le percentuali di recessi nel settore dell’edilizia e dell’agricoltura. Le aziende più interessate risultano essere quelle di grandi dimensioni.
Fra le ragioni alla base delle cessazioni dei rapporti di lavoro si registra fra gli uomini il passaggio ad altra azienda (il 75 per cento dei casi), mentre fra le donne la difficoltà a conciliare il lavoro con la cura dei figli per ragioni legate alla mancanza di servizi di cura (il 35 per cento), cui si lega l’assenza di parenti di supporto (il 26 per cento); contenuto, ma comunque presente, il numero di recessi dovuti alla mancata concessione dell’orario di lavoro part time (72 casi).