«Il glorioso ex Macello di via Renato Serra a Ravenna è un monumento di archeologia industriale, composto da mattoni a vista, che ha compiuto l’anno scorso 120 anni di vita, due terzi dei quali in piena attività. Abbandonato poi a se stesso, giace ora in disfacimento, offrendo uno spettacolo indecoroso nel centro storico della città».
Il capogruppo di Lista di Ravenna Alvaro Ancisi ha inviato una diffida per chiedere il recupero del complesso di via Renato Serra.
«Preoccupa maggiormente la condizione del fabbricato, all’interno e all’esterno. Resistono malamente nella parte alta della facciata quattro bassorilievi di marmo raffiguranti le teste di altrettanti animali destinati all’alimentazione umana, scolpiti da Attilio Maltoni, artista ravennate premiato alla esposizione internazionale di Parigi nel 1889. In quanto ad incuria e disordine, il resto è però in totale degrado, testimoniato da foto che ne mostrano visioni agghiaccianti.
Le coperture di tegole marsigliesi sembrano per la verità in buono stato, facendo ritenere che non sia impossibile un recupero dignitoso del complesso, il quale però, non appena cominciasse a subire le prime lacerazioni, andrebbe rapidamente in rovina. Non si vorrebbe che si attendesse ciò al fine di raderlo al suolo. Stessa fine subì infatti, nonostante l’opposizione strenua di Lista per Ravenna, l’antica stupenda fornace Hoffman di via Chiavica Romea, pretesto per rimpiazzarla con una lottizzazione commerciale. Ancor prima era stato parimenti fatto fuori l’antico essiccatoio del tabacco. Numerose tettoie interne all’ex Macello potrebbero peraltro essere di eternit, richiamando l’attenzione delle autorità di controllo circa gli obblighi che ne ricadono sulla proprietà, a tutela della salute di chi vive in zona.
L’immobile fu messo all’asta dal Comune di Ravenna nel 2002. Se lo aggiudicò, il 2 luglio 2003, al prezzo di circa un milione e mezzo di euro, la società CMC Immobiliare spa, unica concorrente, la quale, avvalendosi della facoltà, aveva poi nominato come effettiva compratrice la società Renato Serra 61 srl., amministratore unico Giovanni Poggiali (patron della lista “Insieme per Cambiare”, supporto alla candidatura dell’attuale sindaco di Ravenna nelle elezioni del 2016). Secondo le previsioni del piano regolatore allora vigente, aggiornato al 2° Piano Operativo Comunale (POC) in vigore dal 22 agosto 2018, la proprietà avrebbe dovuto, tra l’altro: restaurare e consolidare i fabbricati esistenti; ricostruire la porzione est del fabbricato d’ingresso demolita dalla guerra; riconfigurare e valorizzare l’area frontistante l’accesso principale; realizzare parcheggi privati, possibilmente interrati per preservare l’area cortilizia interna ad usi pubblici. In cambio le era concesso di utilizzare a fini privati 5.743 metri quadrati dell’immobile, su 9.452 totali, per realizzarvi strutture ricettive extralberghiere, pubblici esercizi e servizi terziari, direzionali e artigianali (alla persona, produttivi e laboratoriali).
Essendo un immobile di interesse storico e artistico, la Soprintendenza di Ravenna, rinunciataria del diritto di prelazione, aveva emanato un provvedimento, registrato il 4 maggio 2002, che, autorizzandone la vendita, imponeva a chi ne fosse entrato in possesso il seguente vincolo incancellabile: “deve essere previsto ogni opportuno intervento di restauro, consolidamento e risanamento al fine di garantire la buona conservazione del bene, con particolare riferimento all’impiantistica storica del mattatoio”. Di tutto ciò, a 17 anni di distanza dalla compravendita, non pare essere stato fatto niente.
Mentre le prescrizioni del POC in questione si applicano agli interventi di ricostruzione e valorizzazione dell’immobile nel momento in cui la proprietà decide di darvi corso, appaiono invece applicabili già da allora le prescrizioni imposte dalla Soprintendenza. Questa è chiamata in causa, in via generale, anche dal Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, in base a cui “i privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale sono tenuti a garantirne la conservazione” (art. 1) e “il Ministero può imporre al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo gli interventi necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali, ovvero provvedervi direttamente” (art. 32). Nel frattempo, il nuovo regolamento comunale di Polizia urbana, vigente dal 20 dicembre 2020 (per non dire di quello precedente), stabilisce che “i proprietari, ovvero i detentori a qualsiasi titolo con doveri di custodia, hanno l’obbligo di mantenere in condizioni decorose gli edifici, i fabbricati, come pure terreni, parchi e giardini privati”, mentre “il Sindaco ha facoltà di provvedere a far eseguire direttamente le opere necessarie quando l’ordinanza con cui dispone gli interventi del caso non sia stata ottemperata” (art. 7).
Di qui la diffida, rivolta alle persone in indirizzo ai sensi dell’art. 328, secondo comma, del Codice penale, affinché provvedano, anche di concerto, con riferimento a quanto sopra esposto circa le condizioni di grave degrado dell’ex Macello di Ravenna:
- il comandante della Polizia locale di Ravenna ad accertare, all’interno e all’esterno del fabbricato, ogni eventuale violazione di legge o regolamento, producendo gli atti di propria diretta competenza e/o indirizzando opportune segnalazioni o richieste o proposte ad altri soggetti pubblici di competenza;
- il dirigente della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini proceda a far valere le prescrizioni di cui al provvedimento sopra citato registrato il 4 maggio 2002, nonché le norme di cui agli articoli 7 e 32 del Codice dei Beni culturali;
- il sindaco di Ravenna ad emettere l’ordinanza di cui all’art. 7 del regolamento di Polizia urbana».