In Italia si stima che il 10% della popolazione sia diabetico o diventerà diabetico nel tempo e che oltre il 25% di queste persone soffrirà di problematiche agli arti inferiori.
Una delle patologie che affliggono gambe e piedi, in particolar modo nel paziente diabetico, è l’ischemia critica, ovvero una riduzione dell’afflusso di sangue causata dall’occlusione delle arterie.
Dolori agli arti inferiori, formicolii o ipotermia al piede sono tra i sintomi della patologia ostruttiva, campanelli d’allarme che, in fasi più avanzate, si manifestano anche con lesioni trofiche, quali ulcere o piccole ferite, come nel caso del “piede diabetico”. Il rischio, se si trascura la patologia, è quello dell’amputazione dell’arto.
“Maria Cecilia Hospital, Ospedale di Alta Specialità a Cotignola, è il primo e unico centro in Italia ad utilizzare l’aterotomo orbitale, una tecnologia che permette di trattare i vasi periferici e di intervenire anche nei pazienti considerati “no option”, ovvero quei pazienti che non hanno opzioni per la risoluzione definitiva della problematica ostruttiva. Questo dispositivo di ultima generazione, utilizzato tramite accesso mininvasivo, permette la disostruzione e la rivascolarizzazione delle arterie calcificate, rimuovendo le placche arteriose e rimodellando il vaso dall’interno attraverso la procedura denominata aterectomia”.
“L’aterotomo orbitale è costituito da una piccola fresa, che si attiva con un comando esterno, la quale permette in primis di raggiungere i vasi distali fino al piede – spiega il Dott. Mariano Palena, coordinatore dell’area endovascolare a Maria Cecilia Hospital – e compie un lavoro selettivo all’interno del vaso: rimuove, infatti, la placca che ostruisce l’arteria senza ledere la parete dove invece non è presente. L’aterotomo orbitale offre un altro grande vantaggio: i detriti che si generano nella fase di rimozione della placca sono di dimensioni piccolissime (inferiori al diametro dei globuli rossi) e questo impedisce che si verifichino embolie distali (migrazione dei detriti all’interno dell’albero vascolare)”.
Nei casi gravi di occlusione questo dispositivo rappresenta l’unica opzione terapeutica percorribile, considerate le difficoltà nel raggiungere e dilatare il vaso tramite i palloncini generalmente utilizzati a causa della rigidità della parete.
L’aterotomo interviene dunque in questi casi e permette di rimuovere o di ridurre le placche di calcio dalle arterie e successivamente di dilatarne e rimodellarne le pareti per un risultato ottimale nella maggioranza dei casi.
La durata dell’intervento di aterectomia dipende da molteplici fattori, quali la diffusione della patologia all’interno dei vasi, il tempo per raggiungere i vasi distali e molto altro. La procedura consente al paziente di riacquisire la corretta circolazione sanguigna degli arti inferiori, con conseguente diminuzione di dolori a riposo. Questa operazione è però sempre legata ad un percorso di cura, con una durata di degenza presso Maria Cecilia Hospital di circa 3 giorni, durante i quali il paziente si sottopone a visite diagnostiche, procedure chirurgiche per disostruire le arterie occluse e medicare eventuali ulcere.
In particolare, il paziente diabetico con lesioni agli arti inferiori è seguito dall’équipe multidisciplinare del Centro per il trattamento del piede diabetico.
Le calcificazioni all’interno dei vasi arteriosi sono una condizione specifica dei pazienti diabetici e dei pazienti affetti da insufficienza renale cronica. A Maria Cecilia Hospital è attivo il Centro per il trattamento del piede diabetico, coordinato dal prof. Luca Dalla Paola che applica un approccio multidisciplinare e utilizza le tecniche e gli strumenti più innovativi per individuare il percorso di cura ideale per il paziente con diabete.
“Il diabete presenta oggi una crescita esponenziale in tutto il mondo. Per evitare l’insorgere di complicanze va trattato e monitorato ed è fondamentale scegliere un Centro specializzato in grado di gestire la patologia con un approccio multidisciplinare, dotato di un’unità operativa efficiente, capace di intervenire utilizzando strumentazioni e metodologie innovative”, commenta il prof. Dalla Paola.
Il paziente diabetico che giunge presso l’Ospedale di Cotignola viene sottoposto in primis ad una visita clinico-chirurgica, dove si stabilisce la stadiazione della malattia secondo la sintomatologia del paziente: si riscontra ad esempio se vi è dolore degli arti inferiori anche a riposo, se ci sono ulcere o infezioni in atto al piede.
“Questo ci permette di stabilire il grado di urgenza con il quale dobbiamo intervenire – commenta il dott. Palena –. Dopodiché il paziente si sottopone ad un esame diagnostico strumentale non invasivo che misura la perfusione, cioè la concentrazione di ossigeno transcutanea (tcpO2). L’ossimetria transcutanea, questo il nome tecnico, misura dunque la quantità di ossigeno che riesce ad arrivare agli arti periferici: se questo valore ha un indice inferiore a 30 si parla di ischemia critica”.
Gli specialisti eseguono quindi un doppler che permette di capire il livello di circolazione e se le arterie sono calcificate o meno. Successivamente si procede con un’angiografia e con la rivascolarizzazione adottando la metodica più idonea alle condizioni delle arterie da disostruire.