Nascosta appena sotto la superficie della Ravenna contemporanea (e con quella ben intrecciata), vive tuttora la Ravenna che accolse Dante e che Dante visse intensamente; riconoscibile non solo nelle memorie storiche, ma anche – e soprattutto – nella viva passione di chi a Ravenna, cittadino o visitatore, riscopre e fa propria la straordinaria eredità poetica e morale del Poeta: anche quest’anno Dante2021 ha unito ricerca, divulgazione e passione in un intenso programma di incontri, concerti, spettacoli. Domenica 16 settembre il percorso dell’VIII edizione del festival dedicato al padre della lingua italiana – promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna con la direzione scientifica dell’Accademia della Crusca – si conclude alla Casa Matha: alle 11 Matteo Ceriana, già direttore delle Gallerie dell’Accademia a Venezia e oggi curatore del Museo del Bargello e del Museo di Orsanmichele a Firenze, affronterà Dante: la memoria di marmo. Da Pietro Lombardo a Enrico Pazzi, rendendo omaggio tanto all’autore del monumento al Poeta che ancora oggi si ammira nella più tarda Tomba quanto all’opera dello scultore e museologo ravennate Enrico Pazzi; parteciperà all’incontro la direttrice del Museo Nazionale Emanuela Fiori.
Il percorso alla scoperta dei monumenti dedicati a Dante proposto da Matteo Ceriana ha per coordinate due artisti, entrambi scultori, separati da quattro secoli di storia, ma uniti nel legame con la città di Ravenna e la sua eredità dantesca. Pietro Lombardo, formatosi nel vivace ambiente artistico della Venezia del Quattrocento – erano gli anni, fra gli altri, dei Bellini – si distinse presto nella città lagunare. Nella seconda metà del secolo era podestà di Ravenna, per conto della Serenissima, Bernardo Bembo, padre dell’ancor più celebre Pietro che avrebbe promosso nelle lettere il classicismo su modello di Cicerone e Virgilio; quel Pietro che per primo avrebbe affrontato con cura filologica i testi in volgare, fra cui anche l’opera di Dante (anche se avrebbe finito per scegliere Petrarca e Boccaccio come modelli rispettivamente per poesia e prosa). Bernardo, anch’egli umanista, affidò a Pietro Lombardo la realizzazione di un monumento destinato ad accogliere le spoglie di Dante: il sepolcro quattrocentesco, coronato dal bassorilievo con l’effige del Poeta, è oggi racchiuso nel monumento in stile neoclassico firmato da Camillo Morigia tre secoli più tardi.
Enrico Pazzi, nato a Ravenna nel 1818, studiò invece presso la locale Accademia di Belle Arti, salvo esserne espulso in quanto allievo poco docile. Grazie a una borsa di studio completò la propria formazione a Firenze, che presto divenne, assieme a Ravenna, sede principale della sua attività. Per la piazza Santa Croce di Firenze realizzò la grande e celeberrima statua di Dante (1857-1865). A Ravenna ideò e fu il primo direttore del Museo Nazionale (1887-1898) e alla propria morte, avvenuta a Firenze nel 1899, donò la collezione di antichità e i propri beni alla città natale; la biblioteca, le stampe e i mobili antichi al Museo Nazionale, quadri e sculture all’Accademia. Non a caso interverrà all’incontro anche Emanuela Fiori, direttrice del Museo e quindi legittima erede dell’impegno di Pazzi. Né è un caso che l’immagine della comunicazione del festival di quest’anno sia, dovuto omaggio, un calco in gesso della testa della statua di Dante di Santa Croce. Il calco, oggi collocato in una sala della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, e qui fotografato dal ravennate Giampiero Corelli, consente una visione ravvicinata e particolarmente intensa del volto idealizzato di chi, da 700 anni, continua con le sue parole a farci riflettere e a risuonare di poesia «con l’animo che vince ogni battaglia» (Inferno XXIV, v. 53), come vuole il motto scelto per questa VIII edizione di Dante2021.