Resistenza Popolare di Ravenna esprime preoccupazione alla notizia che la COFARI, storica cooperativa ravennate, ha ceduto il ramo d’azienda che si occupava di traslochi. Nel frattempo i soci, riuniti in assemblea, non hanno approvato il bilancio 2023 (perdite per oltre un milione di euro). Convocata una nuova riunione.
“Questa cooperativa (COoperativa FAcchini Riuniti) da mezzo secolo è stata una presenza significativa nel panorama lavorativo di questa città.
Rigoroso rispetto delle norme di sicurezza, progressivo inserimento di attrezzi meccanici per alleviare la fatica del lavoratore, montacarichi, autopiattaforme, ecc., la legalità e la dignità del lavoro come modo d’essere. Queste sono state le caratteristiche della COFARI nel corso dei decenni.
Con la rivoluzione liberista e conseguente liberalizzazione dei mercati, nel settore del facchinaggio si sono inseriti soggetti che operano con bel altre modalità. Poca o nulla attenzione alla formazione e alla sicurezza dei lavoratori, spesso lavoro nero, scarso uso di attrezzature. Ovviamente tali soggetti operano con costi inferiori a quelli praticati da COFARI che poi fatica a trovare un mercato.
Fenomeni analoghi si sono visti nella gestione del lavoro portuale” critica Resistenza Popolare.
“È questo l’ennesimo esempio di guerra di classe condotta da alcuni decenni contro chi lavora.
Il lavoratore COFARI, sindacalizzato, attento alla sicurezza, consapevole dei propri diritti e disposto a lottare per mantenerli viene sostituito con una persona totalmente inconsapevole, spesso ricattabile e disposta a tutto per poter lavorare.
Il ruolo dello stato, che dovrebbe tutelare in modo particolare i soggetti più deboli, abdica completamente alla sua funzione.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che dovrebbe fare opera di prevenzione e repressione degli illeciti in ambito lavorativo è da decenni lasciato senza risorse ed impossibilitato ad operare.
In ottemperanza ai dettami dell’ideologia liberista chi ci governa ha costruito un sistema di norme atto ad individuare con certezza la responsabilità di eventuali incidenti e non a sorvegliare perché questi non si verifichino. Salvo poi stracciarsi le vesti sui tre morti giornalieri sui posti di lavoro”.