La notizia del costo della vita elevato a Ravenna, rispetto al resto dello Stivale, sta accendendo numerose discussioni in città. Discussioni di natura economica, dei servizi e inevitabilmente anche politiche. Le prime forze di opposizione a criticare il sistema Ravenna sono Lista per Ravenna e La Pigna
“Non è una notizia che meriti di affogare nel mare mediatico ferragostano. Nella graduatoria nazionale del maggiore aumento del costo della vita avutosi l’ultimo trimestre, l’Unione nazionale consumatori mette al primo posto, sulla base dei dati pubblicati dallIstituto Nazionale di Statistica (ISTAT), la provincia di Ravenna, con un salto del 2,3%. Per una famiglia tipo significa una stangata su base annua di 698 euro, che si abbatte in particolare sui prezzi dei prodotti di largo consumo, quali i beni alimentari, per la cura della casa e della persona, e sui beni ad alta frequenza d’ acquisto” commenta Alvaro Ancisi di Lista per Ravenna “Le famiglie ravennati a basso e medio reddito, per le quali 700 euro in meno significano rinunce o tensioni, sanno inquadrare il fenomeno in quello generale, ben conosciuto, secondo cui basta recarsi appena fuori della provincia per acquistare a prezzi più convenienti. Il costo del viaggio è ampiamente ammortizzato dal carrello della spesa.
L’economia non dirigistica, vigente nei paesi a regime democratico, è soggetta alla ferrea regola secondo cui i prezzi di acquisto dei prodotti e dei servizi sono migliori laddove c’è maggiore concorrenza tra le imprese. Laddove il mercato è sottoposto a condizioni di monopolio o di oligopolio i prezzi aumentano in proporzione. La politica c’entra molto a Ravenna, dove mezzo secolo di governo totalitario ha posto l’economia al servizio del partito egemone e dei suoi accoliti, organizzandola via via in modo da impedire o limitare fortemente la concorrenza e ricavarne margini di lucro per gli interessi di parte, non solo elettorali. Lo strumento principale in campo – unico per dimensioni non solo in Italia – è stato il sistema cooperativo collaterale o addirittura intrinseco alla politica, scientificamente amplificato e ramificato così da presidiare ogni ganglio della società. Dalla culla alla bara (e perfino prima della culla e dopo la bara). Dal lavoro al tempo libero. Per farsi o avere una casa. Uscendo di casa, ovunque si esprima – per scelta o necessità – la vita sociale delle persone.
Un consigliere comunale di Ravenna può ricavare un campione molto significativo dalle gare per l’affidamento esterno di qualsiasi genere di servizi pubblici, al prezzo di centinaia di migliaia o milioni di euro. Basta constatare che spesso concorre solo uno. Se qualcun altro ci tenta, la previsione del vincitore può essere scritta prima, senza che neanche faccia notizia. I prezzi non li fa il mercato delle imprese, ma la politica.
L’economia prima o poi presenta però il conto, che purtroppo tocca ai cittadini pagare. Quando arrivano le crisi saltano anche (e magari prima) quelli che, grazie alla politica, facevano il bello e il cattivo tempo a prescindere dai meriti. Pagano i lavoratori.
La svolta simpone inesorabilmente. Ci vorrà tempo perché produca il cambiamento radicale di cui la società sente lestremo bisogno. Ma la campana batte forte i suoi colpi. Il passaggio è storico”.
Ad Alvaro Ancisi, fa eco Veronica Verlicchi (La Pigna): “Il PD si riconferma “il partito della distruzione” e chi ne continua a fare le spese siamo noi Ravennati. É proprio il costo della vita per famiglia che lo attesta: secondo la classifica dell’Unione nazionale dei consumatori redatta su dati ISTAT, Ravenna é ai primi posti in Italia per l’aumento del costo della vita con un più 2,3% che equivale ad un aggravio di 645 euro a famiglia. Questo primato negativo non stupisce, visto lo stato comatoso in cui versano la nostra città, i lidi ed il forese. Edilizia e commercio in grave crisi, porto che perde competitività, turismo in grave affanno, cultura senza alcuna attrattiva. Tanto per citarne alcuni.
Col risultato che imprese e negozi chiudono mentre la disoccupazione aumenta. Ravenna conquista il triste primato di città più cara d’Italia grazie agli aumenti della Tari, dell’acqua e del costo dei servizi comunali.
Da anni stiamo conducendo una strenua battaglia in consiglio comunale perché la distribuzione dell’acqua pubblica avvenga direttamente da parte di Romagna Acque senza passare da Hera. Passaggio che porta ad un inutile aggravio del costo. Contestualmente, abbiamo proposto, in più occasioni, che la definizione della Tari sia basata esclusivamente sul quantitativo di rifiuti conferiti così da portare un notevole risparmio per le famiglie e le imprese. Tutte proposte bocciate congiuntamente dal Pd e dai suoi alleati di maggioranza.
Il perché è presto detto: il voto favorevole alle nostre proposte avrebbe permesso risparmi economici consistenti ai ravennati e alle imprese ma avrebbe avuto come conseguenza minori introiti alle società partecipate dal Comune, ovvero del poltronificio PD.
Meno introiti=meno possibilità di spartirsi le poltrone.
A questo si aggiunga la scellerata nonché ultra decennale politica di favoreggiamento della grande distribuzione a marchio Coop, con il conseguente soffocamento del commercio al dettaglio ed il rafforzamento del monopolio cooperativo. La presenza di una grande distribuzione che non consenta una sana concorrenza determina che i prezzi siano sensibilmente più alti rispetto a territori confinanti come Forlì e Rimini dove la presenza della coop é più ridotta.
Su questo sistema malato torneremo presto alla carica con nuove e fortissime battaglie”