Cgil, Cisl e Uil della provincia di Ravenna – assieme alle categorie del settore pubblico Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl e alle categorie dei pensionati Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil – stanno da tempo riflettendo sulle possibilità e sui limiti dei percorsi di co-programmazione e co-progettazione tra amministrazioni pubbliche ed enti del terzo settore resi possibili dal D.Lgs. 117/2017.
“Per questo motivo abbiamo scritto a tutti i sindaci della provincia, per porre alla loro attenzione la necessità di garantire un necessario confronto preventivo con le organizzazioni sindacali ogni qualvolta una amministrazione intenda intraprendere questi percorsi.
In questo momento, Cgil Cisl Uil guardano con grande attenzione e preoccupazione al processo avviato dai Comuni dell’Unione della Romagna Faentina, che sta interessando l’Asp (Azienda Pubblica di Servizi alla persona) di quel territorio. L’obiettivo dichiarato del percorso è la costituzione di un nuovo soggetto a partecipazione pubblica e privata, a cui affidare la gestione dei servizi, finanziati da risorse pubbliche, rivolti agli anziani non autosufficienti erogati presso le strutture residenziali accreditate del territorio faentino. Si tratta in sostanza di una privatizzazione che porterebbe a snaturare l’Asp, vanificando le finalità previste dalle legge regionale che le ha istituite: quelle di rappresentare l’esperienza pubblica del sistema di produzione ed erogazione dei servizi per le persone, indispensabile per la qualificazione dei servizi e del lavoro, parte essenziale della rete integrata dei servizi socio-sanitari.
Siamo consapevoli che la normativa vigente favorisce economicamente le gestioni private e che sarebbero necessari ulteriori interventi da parte della Regione per colmare le differenze di costi gestionali esistenti, ma siamo fermamente convinti sia della necessità di una forte governance pubblica, che assicuri una capacità di programmazione dei Comuni basata su una lettura autonoma dei bisogni e non mediata da soggetti gestori privati; sia del valore aggiunto che la presenza di strutture pubbliche rappresenta per il territorio, come ampiamente dimostrato anche in occasione di Covid ed alluvione. È fuori discussione il valore di esperienze di gestione pubblica dei servizi socio-sanitari, in grado di generare know how, innovazione sociale, qualificazione dei servizi e garantire presenza e capacità di intervento in caso di bisogno.
Le ipotesi prefigurate nel distretto dell’URF vengono peraltro formulate alla vigilia della revisione della disciplina regionale dell’accreditamento dei servizi e delle prestazioni socio-sanitarie, che sembra comunque definire come presupposto, per l’utilizzo delle risorse del Fondo Regionale per la non autosufficienza, proprio una netta separazione fra gestori pubblici e gestori privati.
La scelta ipotizzata a livello locale porterebbe il pubblico ad abdicare in parte al proprio ruolo, affidando ad altri la responsabilità di garantire insieme qualità dei servizi e delle condizioni di lavoro di chi li eroga. Questa scelta non può che trovare la nostra netta contrarietà. Chiediamo quindi alle amministrazioni locali di fermare questi processi, aprendo un confronto sul futuro dei servizi pubblici con le parti sociali e nelle comunità.
Nel contempo chiediamo alla Regione Emilia Romagna di svolgere appieno il proprio ruolo.
Bisogna intervenire ulteriormente per ridurre il divario economico dei costi aggiuntivi che la normativa pone a carico delle Asp rispetto ai privati e non è più ulteriormente rinviabile la formulazione, attraverso un percorso partecipato, delle linee guida, annunciate ormai più di un anno fa nella Legge Regionale n.3/2023, necessarie a regolare il ricorso a questi strumenti previsti dal Codice del Terzo Settore”.
CGIL CISL UIL provincia di Ravenna