“La cooperazione è chiamata a innovare i propri modelli organizzativi e produttivi per continuare a dare risposte ai bisogni delle comunità trasformandoli in occasioni di impresa e intervenendo laddove il capitale si ritira perché non trova convenienza economica, mentre la mutualità può rappresentare un volano di sviluppo”: così Massimo Mota, Francesco Milza, Giovanni Monti, rispettivamente presidente e co-presidenti di Alleanza delle Cooperative Italiane dell’Emilia-Romagna, commentano il recente studio realizzato da Guido Caselli (Unioncamere Emilia-Romagna), Michele Costa e Flavio Delbono (Università di Bologna).
“Come sottolineato da Unioncamere – ricordano – le flessioni registrate nel 2020 dalle cooperative dell’Emilia-Romagna sono solo un anticipo rispetto ai reali effetti economici della pandemia che conosceremo nel corso di quest’anno. Per tale motivo, stiamo sondando le cooperative aderenti in regione per conoscere la loro situazione attuale, le conseguenze registrate a seguito del Covid e quali prospettive intravedono per il futuro”.
“Il mondo è già cambiato, non possiamo fare finta di nulla – aggiungono Mota, Milza, Monti -. I dati di questo studio dimostrano come già in epoca pre-Covid la cooperazione in Emilia-Romagna si sia dimostrata anticiclica e abbia difeso il lavoro a scapito della redditività economica, ma i margini per fungere da ammortizzatore sociale si sono esauriti, a maggior ragione con la pandemia”.
“Dobbiamo aiutare le cooperative a riconvertirsi, laddove necessario, puntando su quei settori in maggiore espansione; occorre favorire la riqualificazione dei lavoratori già usciti o destinati a uscire dal mercato del lavoro e promuovere processi di crescita che favoriscano una maggiore patrimonializzazione delle imprese. In questo percorso – concludono – abbiamo bisogno di un sostegno forte delle Istituzioni, a partire dai processi di sburocratizzazione che ci vedono impegnati nei tavoli in Regione, incentivi e politiche di defiscalizzazione per la crescita, investimenti e un nuovo patto pubblico-privato che accantoni le derive stataliste e la logica di demonizzazione degli appalti che ancora continua ad emergere”.