Cooperazione e nuovi bisogni delle persone e delle comunità: su questi temi il Circolo Cooperatori e la Fondazione G. Dalle Fabbriche hanno deciso di avviare una riflessione ed un confronto, coinvolgendo le organizzazioni cooperative del territorio e promuovendo un ciclo di incontri pubblici che cercano di comprendere il senso e la direzione delle trasformazioni di un vivere sociale che rende riconoscibili valori non solo economici, ma anche sociali e culturali.
Il primo appuntamento, lunedì 30 settembre alla Biblioteca Oriani di Ravenna, ha riguardato le cooperative di comunità, che possono validamente costituire un esempio, seppure non esclusivo, di risposta concreta e nel contempo di modello valoriale. Queste esperienze si stanno affermando anche in Romagna, hanno ricordato in apertura sia il presidente della Fondazione Dalle Fabbriche, Edo Miserocchi che il presidente del Circolo Cooperatori Giancarlo Ciani.
Ma è davvero possibile tracciare un filo lungo un secolo tra case del popolo e cooperative di comunità? Secondo Tito Menzani, dell’Università di Bologna, la cooperativa di comunità è una realtà “multistakeholder”, ovvero che dà risposte a più tipologie di cittadini soci. Esempio tipico il paesino di vallata in cui i giovani hanno bisogno di lavorare, gli anziani necessitano di servizi di welfare e c’è anche un bene comune che rischia di scomparire, da riqualificare e restituire alla comunità. Caratteristiche non perfettamente sovrapponibili alle case del popolo, che però condividono aspetti importanti in continuità, in particolare la partecipazione al movimento cooperativo. La condivisione delle regole dell’impresa cooperativa fa da spartiacque rispetto ad altri modelli, come l’associazionismo, l’impresa sociale e il terzo settore in genere.
Everardo Minardi, Università di Teramo e Marta Rocchi, Ricercatrice sul tema dei “Beni comuni, mutualità e imprese di comunità”, hanno presentato alcuni dei casi studio che hanno seguito e presto verranno pubblicati in forma organica. Non ci sono moltissime esperienze in Romagna, ma alcune sono particolarmente significative e sono state invitate a presentarsi. La prima, un supermercato bio autogestito in forma cooperativa, ha addirittura carattere transnazionale.
Bees Coop, creata da ravennati a Bruxelles, sta per generare una cooperativa simile a Ravenna, “Stadera,” grazie anche al progetto Coopstartup Romagna. Il progetto fondato cinque anni fa da Enrico De Sanso è una cooperativa “mista” tra consumo e lavoro. I propri 2.800 soci fanno la spesa e lavorano 3 ore al mese nel negozio, che trae il suo modello di autogestione da una cooperativa di New York. “È soprattutto una grande comunità di persone”, ha detto De Sanso. Ma altre cooperative di comunità importanti esistono a San Zeno di Galeata e nella Valmarecchia del riminese.
Giuliano Poletti, oggi referente di Legacoop nazionale per il settore, ha concluso ricordando l’importanza di valorizzare questo potenziale: “Sono esperienze che hanno bisogno di un periodo di maturazione lungo e per cui le regole sono in parte da costruire, ma che dimostrano che un modello di cooperativa aperta e nata sul dialogo con la comunità può dare risposte vere ai bisogni delle persone”.