“Nel 1943 l’isola greca di Cefalonia era presidiata da truppe tedesche e truppe italiane al momento alleate.
L’8 settembre 1943 fu annunciato l’armistizio che sanciva la cessazione delle ostilità con gli anglo-americani, provocando un notevole disorientamento fra i comandanti delle truppe italiane i quali in mancanza di ordini superiori non sapevano come comportarsi.
Allo stesso tempo i tedeschi chiedevano ai nostri di consegnare tutte le armi e di arrendersi, promettendo loro di riportarli in Italia (cosa che sapevano non sarebbe mai avvenuta).
Notevole fu il contrasto fra i vari comandanti sul comportamento da tenere e dopo alcuni giorni e qualche tafferuglio con le truppe tedesche fu deciso di opporsi al disonorevole disarmo e cominciarono così le ostilità fra i nostri soldati e le truppe tedesche che nel frattempo avevano fatto pervenire sull’isola ingenti rinforzi.
La lotta si rivelò subito impari in quanto i tedeschi disponevano di artiglieria e forze aeree tali da sopraffare i nostri soldati. Decisione inevitabile fu la resa tenuto conto anche della promessa di non infierire sui prigionieri.
A questo punto iniziò il massacro. I tedeschi catturarono il generale Gardin e 193 ufficiali che furono immediatamente fucilati; poi circa 5.000 soldati perirono combattendo o furono trucidati.
Gran parte dei restanti prigionieri italiani furono caricati su navi, molte delle quali poi affondate a causa di mine o bombardate dagli alleati ignari del loro carico umano.
Altri trasferiti in Germania nei vari lager dai quali pochi sono ritornati. Si calcola che altri 2.000 siano morti in questi frangenti.
Battista Vasumini di Gambellara, nato il 5 ottobre 1917, faceva parte della divisione Acqui che occupava l’isola di Cefalonia. In seguito agli avvenimenti di cui sopra fu tra quelli che si opposero alla consegna delle armi e in seguito fu fatto prigioniero dai tedeschi e caricato su una nave che incappò in una mina, affondando.
A nuoto raggiunse la riva assieme ad altri italiani. Furono poi ripresi dai tedeschi e imbarcati su di una altra nave che li portò ad Atene. Pochi giorni dopo furono caricati su un treno merci, chiusi in un vagone senza finestre, attraversando la Jugoslavia e raggiungendo dopo diversi giorni la Polonia fino a Varsavia.
Da qui furono trasferiti nella Parte di Russia occupata dalla Germania e internati in un campo di concentramento, costretti ad eseguire lavori vari. In seguito alla avanzata dei russi, i tedeschi furono costretti a ritirarsi, abbandonando i prigionieri.
Battista e alcuni altri romagnoli si trovarono a vagare senza meta cercando di sopravvivere finché vennero catturati dai russi e portati in un altro campo di concentramento e da qui con un treno furono portati in Siberia dove trovarono temperature fino a quaranta gradi sottozero e tanta fame.
Furono anche qui impegnati in vari lavori fino all’estate del 1945 quando, finalmente, furono caricati su un treno diretto in Germania e da qui in Italia.
Con vari mezzi di fortuna il nostro Battista raggiunse finalmente la famiglia di cui non aveva notizie da anni.
E, a 105 anni è ancora qua con noi a ricordare questa tremenda avventura.”
Celso Ceroni