Continua in tutta la provincia di Ravenna l’ impegno referendario a sostegno del NO al referendum costituzionale del 20 e 21 settembre. Con banchetti, distribuzione di documenti informativi, incontri pubblici Nel frattempo, non sospendiamo il confronto con le Istituzioni, le Sindache, i Sindaci e il Presidente della Regione Emilia Romagna.
All’inizio di agosto abbiamo scritto ai 18 sindaci della nostra provincia – come a tutti i sindaci della Regione – con due richieste.
Sapere quali sono i luoghi pubblici agibili per la campagna e non istallare i seggi nelle scuole.
Ci hanno risposto la sindaca di Bagnacavallo e i sindaci di Faenza e Ravenna. Ci scusiamo in anticipo se qualche risposta ci è sfuggita.
Condividono, ci hanno scritto, la preoccupazione che l’opinione pubblica non venga adeguatamente informata in merito al Referendum costituzionale, ma per ragioni indiscutibili i seggi nelle scuole dovranno esserci.
Di nuovo chiediamo, alle Sindache e ai sindaci. Ma non potete, tutti, insieme, chiedere al Presidente della Regione, che ne ha facoltà, di spostare in avanti, dopo il Referendum, l’apertura delle scuole?
Ci sono sindaci, in altre zone in Italia, che lo stanno chiedendo. Anche noi insistiamo in tal senso.
La nostra interlocuzione continua anche con il Presidente Bonaccini. Interlocuzione avviata da più di un anno, in merito alla non piccola questione della autonomia differenziata.
Abbiamo scritto e inviato documenti, e richiesta una interlocuzione diretta. Nessuna risposta.
Ora, dopo il sostegno al Sì di Bonaccini, Mauro Sentimenti, il portavoce del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale dell’Emilia Romagna, con il pieno accordo di tutti Comitati della Regione Emilia Romagna, ha scritto al Presidente una lettera aperta, che diffondiamo anche alla stampa locale.
“Mauro Sentimenti a Bonaccini. Il parlamento non va tagliato ma migliorato.”
In una intervista a Repubblica del 24 agosto scorso, Bonaccini motiva la sua decisione di votare Sì al prossimo referendum del 20-21 settembre proponendo due argomenti: 1) la riduzione del numero dei parlamentari sarebbe un obiettivo del centro sinistra da oltre 30 anni, 2) la riforma Renzi, dallo stesso Bonaccini sostenuta e bocciata dal referendum nel 2016, prevedeva di “superare il bicameralismo, semplificare il procedimento legislativo, varare una legge elettorale conseguente”.
E si dice favorevole a quel maggioritario che da 30 anni accompagna la sistematica riduzione del finanziamento del Welfare e la distribuzione classista della ricchezza. Bonaccini dimentica che il programma dell’Ulivo nel 2006 indicava come obiettivo non solo il superamento del bicameralismo paritario con un Senato delle Regioni di 150 200 senatori, elettivo e non di nomina con garanzia per le regioni più piccole, ma soprattutto si prefiggeva di rafforzare il ruolo e il potere del Parlamento in rapporto al Governo. L’esatto contrario di quel che conseguirà dalla riduzione dei parlamentari oggi. Non ricorda altresì che la riforma Renzi prevedeva:
a) una fortissima compressione dell’autonomia regionale – tramite la c.d. clausola di supremazia – del tutto incompatibile col progetto, che va nella opposta direzione, di un regionalismo non solidale che mette in pericolo l’unità della Repubblica- di maggiore autonomia ex art.116 Cost. come richiesto da Bonaccini nel 2017;
b) il passaggio da un bicameralismo paritario ad un bicameralismo confuso (dato che il Senato, non eletto costretto all’inefficienza e ingovernabilità, in alcuni casi era in posizione paritaria con la Camera in altri no;
c) la nascita di dieci diversi procedimenti legislativi invece di uno!; d) il primato del Governo sul Parlamento (col nuovo art.72 Cost.) il cui ruolo veniva ulteriormente indebolito. Oggi nonostante l’assenza delle riforme contestuali promesse dall’attuale maggioranza e non realizzate, Bonaccini proclama la coerenza del suo votare Si.
A me sembra invece evidente che la scelta riveli la sua implicita adesione alla cultura antiparlamentare dei 5stelle: i quali individuano con sbalorditiva inconsapevolezza il Parlamento come “casta”, incapaci di comprendere che le reali caste dei poteri e della ricchezza sono altrove e indisturbate.
Ciò in contrasto con lo stesso PD che definì nel 2019 una ferita alla democrazia la riforma di cui si parla. Sul regionalismo le contraddizioni del Presidente sono clamorose mentre sul rapporto Governo Parlamento, con quest’ultimo in posizione subalterna, si conferma una continuità ideologica profonda tra il suo votare Si al referendum del 2016 ed a quello del prossimo 20 settembre. Viene allo scoperto una visione secondo cui il funzionamento delle istituzioni dipende soprattutto dalle regole e dall’ingegneria costituzionale (ovviamente anch’esse importanti) senza mai avvertire che l’elemento decisivo più di ogni altro rispetto alla crisi politica e istituzionale in corso è l’assenza di partiti e movimenti non personali, democraticamente organizzati e sufficientemente partecipati, snodo centrale tra parlamento e cittadine/i.
Chi scrive è favorevole ad un sistema monocamerale o bicamerale non paritario con legge elettorale proporzionale, che – assieme a riforme dei regolamenti parlamentari, limitazione dei decreti legge e dei voti di fiducia, statuto delle minoranze e dell’informazione pubblica, applicazione dell’art. 49 Cost.,- persegua lo scopo esplicito di ridare al Parlamento il ruolo previsto in Costituzione: sede della sovranità popolare che determina l’indirizzo politico che il Governo, ricevuta la fiducia, è tenuto ad eseguire. Oggi siamo in via di fatto all’opposto.
Quel che emerge – nelle opinioni di Bonaccini e a prescindere dal merito delle singole questioni – è l’idea infondata che la riduzione del numero dei parlamentari pur in assenza delle indispensabili riforme contestuali migliori il funzionamento delle Camere (il prof. Luciani ha di recente spiegato perché invece peggiorerà) senza porsi alcuna domanda sulla priorità assoluta – per la nostra democrazia parlamentare – di ricostruire la relazione tra istituzioni, politica e paese. Non è quindi solo questione di numero, la vittoria del No è condizione non sufficiente ma necessaria per ri/avviare questa ricostruzione.”
Mauro Sentimenti CDCER – Comitato per il NO nel referendum sul taglio del Parlamento.