I lavoratori stranieri contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola della nostra provincia e dell’Italia intera e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo, al tempo stesso è indispensabile garantire la legalità per combattere quegli inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano una ombra su un settore, quello agricolo, che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale.
Questo il commento di Coldiretti Ravenna alla luce dei dati diffusi dal Dossier statistico Immigrazione 2018 Idos, alla cui redazione ha contributo la stessa Organizzazione agricola. Dall’analisi emerge chiaramente come sia proprio il territorio ravennate a guidare la classifica regionale per presenza di stranieri impegnati in agricoltura. Nella nostra provincia, cuore del distretto ortofrutticolo romagnolo, si concentra il 2,6% dei 346mila immigrati che trovano occupazione regolarmente nei campi d’Italia e che sono provenienti da ben 155 Paesi diversi. La nazionalità di gran lunga più rappresentata è quella romena, seguita da marocchini, polacchi, bulgari, tunisini e slovacchi. Nella nostra regione, prima in Italia per numero di rapporti di lavoro agricoli con cittadini ‘stranieri’, ben 44.468, Ravenna precede Ferrara e Forlì-Cesena in quanto a presenza di lavoratori immigrati in agricoltura.
“L’apporto dei lavoratori stranieri in agricoltura è indubbiamente fondamentale per il nostro distretto agricolo provinciale, allo stesso tempo – commenta il Direttore di Coldiretti Ravenna, Walter Luchetta – è fondamentale controllare e garantire il rispetto della legalità. Su questo aspetto siamo i primi a ritenere positiva una collaborazione a tutto campo volta a prevenire e sanzionare eventuali fenomeni illegali e ad invitare chi fosse a conoscenza di irregolarità a denunciare per contribuire a stanare chi non rispetta la legge”. Ma la repressione, da sola, non è sufficiente, secondo Luchetta, infatti, occorre “affiancare le norme sul caporalato all’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli”, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti, “solo così – conclude – sarà possibile spezzare la catena dello sfruttamento che si alimenta dalle distorsioni lungo la filiera, dalla distribuzione all’industria fino alle campagne dove i prodotti agricoli pagati sottocosto pochi centesimi spingono all’illegalità”