Contrariamente a quanto da tanti dichiarato, ossia che il bosco più è mantenuto “selvaggio” più si rivela utile alla stabilità dei terreni, come peraltro auspicato e messo nero su bianco anche dall’ente Parco della Vena del Gesso nel Piano Territoriale, i recenti fatti hanno dimostrato il contrario: la maggioranza delle frane di collina sono avvenute infatti in boschi non coltivati e quindi non soggetti a periodica ceduazione.

A dichiararlo, ribadendo quanto già riportato nelle osservazioni presentate al Piano Territoriale, è Coldiretti Ravenna: “I vincoli imposti dal Parco – afferma il Direttore Assuero Zampini – hanno fatto sì che in queste zone si accumulassero masse legnose importanti tali da generare peso eccessivo su strati superficiali di terreni che a seguito dei ben noti eventi meteoclimatici sono stati i primi ad accusare smottamenti e movimenti franosi”. Secondo una ricognizione effettuata da Coldiretti, la superficie maggiore di terreno coinvolta dalle frane è proprio quella di boschi ‘vincolati’ che sono letteralmente crollati finendo per invadere campi, pascoli, intere aziende agricole, abitazioni e strutture di servizio all’attività agricola e zootecnica.

“Ora – prosegue il Direttore di Coldiretti Ravenna – come intende il Parco ripristinare ciò di cui è stato in parte causa apponendo vincoli che peraltro ricadono per il 90% su proprietà private? L’ente in questione terrà conto ora delle Osservazioni presentate al piano Territoriale nelle quali chi vive e opera sul territorio da generazioni chiedeva in tempi non sospetti di realizzare piani di assestamento forestale (questi peraltro già previsti dal 2005, anno di costituzione del Parco stesso)?

Secondo Coldiretti, l’ambientalismo calato dall’alto e scollegato da quel territorio di montagna che nessuno conosce bene quanto chi ci vive e lavora da sempre, è ben rappresentato anche dall’eccesso di vincoli posti non solo sui boschi, ma anche sugli alberi situati lungo i fiumi.

“E’ evidente – conclude il Direttore Zampini – la necessità di cambiare rapidamente visione e strategia nella gestione di un territorio già di per se stesso molto fragile. Sarà, dunque, cura dell’ente Parco, che sia durante che dopo gli eventi calamitosi non ci pare aver visto attivarsi per dare una mano alle popolazioni colpite da danni in parte dallo lui stesso alimentati, trasformare finalmente le nostre osservazioni in politiche di gestione territoriale efficaci e appropriate?”.