Le decisioni del Governo su cessione del credito e sconto in fattura non incidono solo sugli interventi del Superbonus 110%, ma anche su quei piccoli lavori di efficientamento energetico come la sostituzione della caldaia o l’installazione di pompe di calore. Dal 17 febbraio, infatti, per poter effettuare tali interventi e beneficiare delle detrazioni del 50% o 65% occorre anticipare gli importi dei lavori e portarli poi in detrazione nella dichiarazione dei redditi.
Il decreto del 16 febbraio rappresenta senza dubbi un duro colpo al sistema di incentivazione per la riqualificazione energetica degli edifici. Una stima prudente indica nel30% la perdita delle vendite che significherebbe, a livello nazionale, un valore pari a 4 miliardi di euro.
“Il problema si riflette sui nostri Consorzi e sui magazzini da cui ci riforniamo e di conseguenza, sui cantieri con contratti già stipulati ma destinati ad essere stracciati” afferma Dal Pozzo. “Per usufruire di sconti in fattura e cessioni del credito bisognava avere iniziato i lavori entro il 16 febbraio 2023; in diversi casi i lavori non sono partiti ma la merce è stata già ordinata mesi fa con i noti problemi di approvvigionamento e questo decreto ha di fatto bloccato molti lavori”. “Il provvedimento – prosegue Dal Pozzo – mette in difficoltà di punto in bianco un intero sistema produttivo che sullo sconto in fattura aveva pianificato ed impostato un pezzo rilevante dell’offerta commerciale”.
Il sistema di incentivazione, in particolare negli ultimi anni, ha sicuramente portato a distorsioni del mercato e andava migliorato, ma in ogni caso una decisione così repentina e senza concertazione, oltre ad essere molto preoccupante, non risolve assolutamente il problema.
Le nostre aziende erano già in grande allarme: la CNA, con un’accurata indagine, ha stimato che in Italia i crediti fiscali incagliati derivanti da bonus siano 15 miliardi, con circa 25.000 imprese a rischio fallimento, con l’impossibilità di trovare banche o istituti finanziari disposti ad acquistare questi crediti.
Il rischio è di ridurre le installazioni sia di caldaie che di pompe di calore di oltre 350.000 unità mentre il colpo durissimo potrebbe riguardare gli impianti ibridi che, visto il loro costo, senza sconto o cessione potrebbero subire un calo ancora più consistente.
“Oltre al danno economico per imprese e famiglie – conclude Dal Pozzo – ci saranno ripercussioni ambientali, poiché bisognerà fare i conti con una frenata degli interventi di efficientamento energetico e riduzione dell’inquinamento. Installare impianti a pompa di calore o ibridi, pannelli fotovoltaici o caldaie a condensazione con alta efficienza sono esempi virtuosi che se non agevolati dallo Stato hanno alti costie saranno di difficile realizzazione soprattutto per le famiglie a basso reddito”.