“Il Governo ha fatto una scelta, rafforzata dalla Regione Emilia-Romagna, che non condividiamo, – dichiara Pierpaolo Burioli, presidente della CNA di Ravenna – rispetto agli spostamenti delle persone tra i comuni, oggi vietati dalle misure previste dal DPCM del 3 novembre per le Zone Arancioni. Pur comprendendo la ratio che sta dietro a questa decisione, palesemente in accordo con il principio di ridurre al massimo gli spostamenti delle persone nelle aree a rischio, ci sembra sia stata una opzione non corretta che nasconde un vizio di fondo e che soprattutto non intende affrontare il tema degli spostamenti con la dovuta accortezza. Infatti, è di ieri la notizia comparsa sul sito web della Regione che, mentre viene confermata la possibilità di spostamento verso i comuni limitrofi a quello in cui si abita per ragioni di spesa alimentare a prescindere, vengono esplicitamente esclusi, invece, gli spostamenti intercomunali connessi ai servizi alla persona (parrucchieri e estetisti) a meno che nel territorio comunale non sia registrata l’assenza di tali servizi. Nella comunicazione della Regione si precisa, inoltre, che analogo orientamento viene espresso con riguardo a gommisti, carrozzerie, autofficine e lavanderie. In questo modo si vanificano le iniziative assunte dalle Associazioni di categoria (in primis la CNA!) che in questi giorni, dopo aver attentamente ascoltato le istanze dei propri Associati, hanno inviato specifiche richieste di chiarimenti su queste materie alle Prefetture, con l’obiettivo di ritagliare, nel rispetto delle norme anti Covid e per dimensioni territoriali più contenute, qualche opportunità in più per quei segmenti di impresa che applicano ferrei protocolli di sicurezza, che ricevono per appuntamento la propria clientela garantendo il contingentamento dei flussi e che hanno fatto della personalizzazione del servizio la loro mission principale. Non è un caso che le nostre richieste siano riferite prevalentemente a quei settori dell’artigianato dei servizi alla persona e dei servizi alla comunità che presentano tutte le caratteristiche appena menzionate”.
“È ancora più incomprensibile – prosegue il direttore della CNA di Ravenna, Massimo Mazzavillani – la disomogeneità nelle interpretazioni da parte delle varie Istituzioni. Ad esempio, in Emilia-Romagna non sono consentiti tali spostamenti, mentre nelle Marche sono consentiti (e entrambe le Regioni sono collocate in Zona Arancione); a Brescia e Sondrio (province collocate in una Regione in Zona Rossa) si può, da noi non si può! E potremmo continuare ancora con questi esempi! Oggi più che mai abbiamo bisogno di unità di intenti da parte delle Istituzioni e non di litigiosità e diversificazioni. Persino il Presidente Mattarella è dovuto intervenire chiedendo coesione e unità fra le Istituzioni.
Con questa decisione si compie, invece, un atto che avrà effetti pesanti sulle imprese dei settori citati, che pur continuando ad essere aperte in questa fase di grave difficoltà, oltre a dover fare i conti con una pesante contrazione dei consumi interni, non potranno neppure fare affidamento sulla loro clientela abituale. E, inoltre, sono anche escluse dai ristori previsti dai decreti nazionali.
Per queste motivazioni, a seguito di un’attenta analisi della situazione generale che purtroppo registra un’avanzata dei contagi con il conseguente progressivo ampliamento dei territori sottoposti a misure restrittive che penalizzano l’operatività delle attività economiche, come CNA abbiamo ritenuto opportuno richiedere un profondo ripensamento dei criteri di assegnazione dei ristori. A giudizio della CNA i meccanismi individuati nei vari decreti ristori e nelle lodevoli iniziative assunte dai Comuni non riescono a dare adeguata tutela a imprese, autonomi e professionisti che compongono le filiere colpite dalle misure restrittive”.
“L’allargamento delle restrizioni su base territoriale rende superflua la distinzione tra le attività chiuse per ordinanza e quelle che, pur rimanendo aperte, vedono il proprio giro d’affari fortemente ridimensionato” dichiara, in conclusione, Burioli. “Il crollo della domanda sta interessando segmenti sempre più ampi di mercato, tali da rendere chiaramente inadeguato il meccanismo dei codici Ateco che richiede quotidiani aggiustamenti. Diventa quindi indispensabile adottare come criterio per accedere al contributo a fondo perduto il riferimento al fatturato delle aziende, unico indicatore che effettivamente fotografa l’andamento delle imprese. In questa logica il riferimento non può essere limitato allo scorso mese di aprile ma dovrà tenere in considerazione un periodo più congruo, considerando la ciclicità di molti settori dell’economia. È evidente che dovranno essere stanziate ulteriori e robuste risorse per fronteggiare una situazione in rapido peggioramento. Senza interventi tempestivi e incisivi tante aziende rischiano il collasso”.