È innegabile che anche le imprese stiano soffrendo terribilmente l’uscita tardiva dall’emergenza Covid19. Ancora troppe le incertezze, soprattutto da parte del Governo centrale che risulta essere incapace, ancora una volta, di delineare un quadro organico di provvedimenti in grado di fare chiarezza e profilare un orizzonte condiviso. Di fronte a questa indeterminatezza chi paga il conto più salato di questa crisi, al netto degli aspetti sanitari, sono le imprese e i lavoratori, soprattutto di quei settori costretti alle chiusure forzate. Senza dimenticare il prezzo enorme che sta pagando, dall’inizio della pandemia, il segmento della micro-piccola impresa che se è riuscito a superare tutte le precedenti crisi congiunturali grazie alle sue caratteristiche specifiche, flessibilità e versatilità, questa volta nulla ha potuto nei confronti della miscela esplosiva che si è generata a seguito delle emergenze sanitaria, economica e sociale.
Ancora una volta, quindi, per corroborare le nostre tesi, siamo costretti a ripartire da un settore che ben conosciamo, quello del benessere, che, a nostro parere, può essere assunto come esempio emblematico di una gestione contraddittoria e spesso incomprensibile dei provvedimenti anti pandemia. Lo sforzo economico e organizzativo che queste imprese hanno sostenuto nel pieno rispetto di tutti i protocolli e delle norme anticovid è stato altissimo. Inoltre, in questi mesi sono state registrate perdite economiche pesantissime e, infine, oltre al danno è arrivata pure la beffa per la quale sono state costrette dal DPCM 3 marzo 2021 a rimanere completamente chiuse, mentre molte altre attività non hanno subito le stesse restrizioni. Per cui si è arrivati al paradosso che mentre stava maturando la ragionevole aspettativa che in zona rossa potessero rimanere aperte, oltre agli acconciatori anche le estetiste, è stata sancita la draconiana chiusura totale del settore!
“Come CNA crediamo che siano maturi i tempi per chiedere esplicitamente la riapertura completa di tutto il settore benessere anche in presenza della zona rossa – dichiara Pierpaolo Burioli, Presidente della CNA Territoriale di Ravenna -, in ragione anche del fatto che i dati INAIL hanno certificato che in tali realtà sono stati minimi i casi di contagio. Il protrarsi delle chiusure, infine, aumenterà in maniera esponenziale l’abusivismo con persone non qualificate e non autorizzate che offrono servizi a domicilio senza nessun controllo, aumentando il rischio di contagio. Tenere le imprese regolari aperte è un vantaggio di tutta la collettività: meno possibilità per gli abusivi, meno contagi, meno ristori da fornire, meno ricorso agli ammortizzatori sociali. Per questo chiediamo alle Istituzioni locali e alle Forze dell’Ordine e di Polizia di rafforzare tutte le attività di contrasto a questo fenomeno ridando linfa ai protocolli che abbiamo sottoscritto qualche anno fa e che per noi rimangono un punto fermo nella lotta alle attività abusive”.
A ulteriore sostegno del settore benessere la CNA ha lanciato una petizione su scala provinciale che ha come obiettivo di ottenere, nel prossimo Dpcm, un rilevante cambio di rotta nei confronti di acconciatori, estetiste, tatuatori e palestre. In pochi giorni abbiamo raccolto oltre 1500 firme!
“Infine – prosegue Burioli – riteniamo che nel passaggio da zona rossa a zona arancione debba essere consentita la mobilità intercomunale almeno su scala provinciale, perché i settori artigiani del benessere e dei servizi alla comunità che operano in sede fissa (meccanici, carrozzieri, lavanderie, barbieri, parrucchieri, estetisti ecc.), anche quando erano aperti, hanno subito l’ingiusta chiusura dei confini comunali, che ha impedito ai cliente di raggiungere, anche a pochi chilometri di distanza, la propria impresa di fiducia che, naturalmente, lavorando solo su appuntamento non poteva creare alcun assembramento interno o esterno”.
“Anche sui sostegni alle imprese occorre un cambio di marcia!” afferma Massimo Mazzavillani, Direttore della CNA Territoriale di Ravenna. “Pur condividendo lo sforzo del Governo di ridurre di tre punti (dal 33 al 30%) la soglia che dà diritto al ristoro, CNA segnala che la grande maggioranza delle imprese rimarrà esclusa comunque dai nuovi indennizzi, nonostante abbia registrato una significativa flessione del fatturato. Sarebbe quindi preferibile evitare la tagliola del 30% sostituendola con un meccanismo di décalage, che riduca il beneficio da una certa soglia fino ad annullarlo per i valori di perdita inferiore alla media. Il quadro appare oggettivamente complesso. Non sarà facile soddisfare le aspettative di milioni di imprenditori di poter ricevere un sostegno adeguato alle perdite subite. Il vincolo delle risorse disponibili per quanto cospicue, rischia di erogare importi modesti. A questo proposito riconoscere un importo non inferiore ai duemila euro consente di erogare un indennizzo minimo soprattutto alle tante imprese che per effetto del criterio dei codici Ateco, adottato precedentemente, non hanno finora ottenuto alcun ristoro. Serve, infine, un segno forte di discontinuità nelle modalità di determinazione e nei tempi di erogazione degli aiuti rispetto agli interventi dello scorso anno per ridare non solo mezzi finanziari ma, soprattutto, fiducia agli operatori fiaccati da mesi terribili ma desiderosi di riscatto”.