“La festa della mamma, che ricorre tutti gli anni nella seconda domenica di maggio, non deve limitarsi ad essere una espressione di riconoscenza verso il ruolo delle madri – afferma Francesco Marinelli Segretario generale CISL Romagna – ma deve essere soprattutto un momento di riflessione e di azione concreta verso politiche di supporto alla maternità e alla genitorialità in generale”.
I dati Eurostat pubblicati nel 2020 sono stati impietosi con il nostro Paese: le madri italiane hanno il primato della disoccupazione in Europa, pari al 57,3%. Sempre nel 2020 l’Ispettorato del Lavoro aveva evidenziato come in Emilia Romagna su 4174 dimissioni, le donne fossero quasi 3 mila, il 71% delle quali madri, il 3% in più rispetto al 2019. Questo non può essere un dato accettabile e su questo è necessario agire. Ovviamente il Covid ha acutizzato alcune situazioni di vita delle donne: la difficoltà nel conciliare lavoro e il ruolo di cura, che soprattutto la donna ha nelle nostre famiglie, uniti alla didattica a distanza a cui i bambini sono stati costretti durante la pandemia, hanno fatto sì che tantissime donne anche nei nostri territori abbiano scelto di abbandonare il lavoro. Anche gli orari dei servizi scolastici per l’infanzia sono un ostacolo per la donna lavoratrice, perchè spesso non sono compatibili con gli orari lavorativi. Anche in Romagna oltre il 70% delle dimissioni ha riguardato donne, che come motivazione hanno dato principalmente la difficoltà nel conciliare il lavoro con la gestione della famiglia, oltre che la mancanza di servizi per l’infanzia (mancanza di posti disponibili nelle scuole d’infanzia, alti costi delle rette o del servizio di baby sitting oppure l’impossibilità di ricevere aiuto dai parenti).
Secondo una ricerca di Openpolis (2020), è soprattutto la presenza di figli piccoli ad abbattere il tasso di occupazione nel nostro paese. In Europa se il figlio minore ha fino a 6 anni, in media lavorano 2 donne su 3.. Ma la quota supera le 3 donne su 4 (75% di occupate) in Portogallo, Slovenia, Paesi Bassi, Svezia, Lituania, Lussemburgo e Danimarca. In Italia al contrario meno del 52% delle donne risultano occupate se il figlio più piccolo ha meno di 6 anni. Una quota superiore solo a quella ceca (40,9%), slovacca (40,2%) e ungherese (38,6%).
Nella fascia tra 20 e 49 anni, nel nostro Paese in presenza di un figlio lavora l’83,5% dei maschi e solo il 55,2% delle donne. Un divario superiore ai 28 punti percentuali (28,3%), più ampio non solo della media Ue (17,9 punti) ma anche rispetto a quello di tutti gli altri paesi europei. Superiore ad esempio a quello greco (27 punti), ceco (26,5), ungherese (26,3) e slovacco (22,8).
“Ci auguriamo che la fine progressiva della pandemia – sottolinea Marinelli -lasci però quanto di buono abbiamo ottenuto: la maggiore flessibilità oraria e la possibilità di lavorare da casa, sia per gli uomini che per le donne. Da tanti anni come sindacati, cercavamo di spiegare alle controparti che alcuni lavori potevano essere svolti anche al di fuori del contesto lavorativo, senza per questo perdere in produttività. In tante realtà infatti, anche oggi che la dad non è più presente, si continua nello smart working, continuato o alternato, e questo ha certamente delle conseguenze positive sulla strada della conciliazione vita e lavoro. In percentuale sempre maggiore questa opzione è scelta non solo dalle madri, ma anche dai padri ed anche questo è sintomo di una società che sta cambiando, anche se sempre più lentamente rispetto ad altri paesi europei”.
Una donna lavoratrice che abbandona il lavoro è una grave perdita per la nostra comunità, perché è un patrimonio di cultura e professionalità che si perde, pensiamo solo che in Italia le donne sono il 60% dei nuovi laureati, oltre che uno svantaggio economico che la donna avrà anche a livello contributivo e pensionistico. L’indipendenza economica e la realizzazione a livello lavorativo non devono essere obiettivi inconciliabili a quello di essere madre, soprattutto oggi che abbiamo sperimentato quanto la tecnologia possa esserci di supporto. Certamente non tutti i lavori possono essere svolti da remoto, per questo è necessario prevedere politiche e servizi a supporto della genitorialità”.
Attualmente nella nostra Regione 1 bambino su 4 usufruisce dei servizi per l’infanzia 0-2, il dato più alto d’Italia, ma sappiamo che in altri paesi europei la media è molto superiore. Per questo – sottolinea il segretario della CISL Romagna – >tra gli obiettivi del PNRR c’è l’aumento dell’occupazione femminile almeno del 4% entro il 2026 e la creazione di posti in asilo nido fino al target europeo del 33%, dando >la possibilità ad almeno un bambino su 3 la possibilità di accesso. Questo è sicuramente uno tra i più importanti obiettivi per il prossimo futuro e come sindacati vigileremo affinché anche nei nostri territori siano fatte scelte di lungo periodo”.
E’ infine necessario – conclude Francesco Marinelli – prevedere una formazione che sia specifica, affinché le donne che sono uscite dal mondo del lavoro possano essere reintegrate, valorizzando le loro professionalità ed aspirazioni”.
Festeggiare l’amore e la riconoscenza delle madri non basta. Servono politiche a sostegno delle mamme lavoratrici