E’ stata presentata oggi l’edizione 2018 dell’Annata agraria realizzata da Cia-Agricoltori Italiani. Il report, storicamente realizzato da Cia Ravenna (che ne ha curato 31 edizioni), da quest’anno facendo seguito alla nascita di Cia Romagna, si amplia all’intero territorio romagnolo, con dati relativi alle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini. Si tratta dell’unica pubblicazione di settore che raccoglie i dati più significativi per quanto riguarda l’agricoltura dell’area vasta Romagna, prendendo in esame il periodo novembre 2017 – ottobre 2018. Periodo non casuale, ma legato al fatto che in Romagna era consuetudine far scadere i contratti agrari per San Martino, 11 novembre, momento adatto in quanto dopo la semina il calendario dei lavori agricoli era meno fitto e impegnativo.
Demografia delle imprese – In Romagna l’agricoltura continua ad essere fra i settori in restringimento: al 30.09.2018 erano 16.099 le imprese agricole attive (su 106.496 imprese complessive attive), -1,53% su settembre 2017. Prosegue il trend calante anche nelle imprese femminili agricole romagnole: sulle complessive 22.159 femminili quelle agricole diminuiscono: erano 3.031, 89 unità in meno rispetto allo stesso periodo del 2017. Le agricole femminili diminuiscono anche nel riminese, pur distinguendosi questa provincia a livello regionale per il tasso di femminilizzazione delle imprese (21,1%). Anche le imprese giovanili complessive sono in calo del -2,2% ed è qui che invece l’agricoltura registra un segno positivo in quanto le agricole giovanili al 30.09.2018 hanno fatto segnare una crescita del 6,4% su settembre 2017: la Romagna esprime 520 imprese agricole under 35 sul totale delle giovanili che è di 7.356. In merito agli occupati il dato fornitoci è relativo al primo trimestre 2018: 480.467 unità di cui 29.260 in agricoltura, in flessione di 458 unità rispetto al primo trimestre del 2017, Da sottolineare che in quanto a occupati in agricoltura complessivamente in calo nelle tre province romagnole prese in considerazione nel loro insieme, la provincia di Forlì-Cesena ha segno più con una crescita di 353 unità rispetto al trimestre precedente.
Frutticolo. Prosegue il trend di espansione della superficie coltivata per albicocchi e ciliegi, lievemente anche quelle di meli e susini, stabile quella del pero. Continua di contro il calo degli ettari di pesco e nettarina per una media tendenziale del 10% annua. Degli oltre 10 mila 600 ettari romagnoli rilevati 2017 (circa l’80% dell’estensione totale della regione) le nettarine sono poco sotto 6 mila 900 ettari e le pesche intorno ai 4 mila 300 ettari. Sul versante produzione, rese, prezzi all’origine e redditività il 2018 vede l’albicocco fra le frutticole in maggior difficoltà per quantità, qualità, prezzi deludenti perché non remunerativi a causa della mancanza di prodotto e per i consumi: produzione ridotta di circa il 50% sul 2017 (che è stato un anno di abbondanza) e comunque di un 40% su annate ordinarie.
Per il ciliegio abbiamo una minor produzione media romagnola (-30% circa) ma alta qualità. E’ la provincia di Forlì-Cesena che esprime la maggior estensione con oltre 530 ettari sugli oltre 740 romagnoli e gli oltre due mila della regione. La Corniola è la varietà che si coltiva prevalentemente nelle colline del cesenate; in flessione di circa il 30% la produzione e prezzi inferiori alle aspettative e al consolidato di questa varietà. Nella coltivazione del melo in Romagna è Ravenna che esprime maggiori estensioni: oltre 1270 ettari sui 1.600 romagnoli. Il quantitativo della produzione locale è tale da poter essere collocato per quasi tutte le aziende e le mele non dovrebbero generare difficoltà per i coltivatori romagnoli.
Una situazione particolare la stanno vivendo le pere. La produzione romagnola nel 2018, fra estive e invernali sembra da record con un +15% rispetto al 2017 (resa media circa +3%). I prezzi all’origine mediamente sono inferiori di circa il 25% rispetto a quelli del 2017.
Cala la produzione di pesche e nettarine in Romagna di circa il 15% come media, in linea con il calo a livello regionale (-15%) e nazionale (-16%), mentre l’Europa segna un -8%. Dal punto di vista del reddito è comunque un’annata non critica. Il 21 giugno, quest’anno, è partita la campagna 2018 della Pesca e Nettarina di Romagna Igp: a fronte di un’annata che vede la produzione peschicola in calo, il prodotto a origine certificata continua a rappresentare una piccola nicchia di offerta per estimatori.
Per il susino sembra esserci una debole riscossa. La Romagna, con le province di Ravenna e di Forlì-Cesena, detiene oltre il 60% della superficie a susino presente in regione: oltre 2 mila 740 ettari su oltre 4.100. In Romagna la produzione totale è stimata mediamente in calo di circa il 13%, con un 20% in meno delle cinogiapponesi estive rispetto al 2017. Per le varietà Europee si è verificato invece un incremento di produzione di circa il 20%. Le quotazioni all’origine sono state superiori rispetto agli altri anni anche fino a una media di 50 centesimi in più al kg.
La Romagna, con la provincia di Ravenna capofila, rappresenta circa il 90% dell’estensione dell’actinidia a livello regionale: al 2017 la superficie romagnola coltivata era di circa 4.192 ettari (Ravenna 3.470 ettari; Forlì-Cesena 701 e Rimini 21), La produzione complessiva prevista per il 2018 in Romagna sembra inferiore di circa il 10% ed è sotto al potenziale produttivo già da alcuni anni. Al momento difficile elaborare previsioni sulla quantità effettivamente commercializzabili e sull’andamento dei prezzi. L’actinidia deve fare i conti con batteriosi, moria, meteo e cimice asiatica.
Ottima per qualità la campagna olivicola romagnola dove insistono il 90% degli ettari regionali a olivo. Il riminese esprime la superficie più ampia. Produzione complessivamente in crescita, ma andamento differenziato con un +70% per il ravennate, un +20% per forlivese cesenate e un -70% per il riminese. Sono circa 3.800 le tonnellate di olive prodotte in Romagna, di cui circa 250/280 tonnellate Dop. La produzione complessiva di olio è di circa 470mila kg, di cui circa 30mila kg Dop: 6mila kg Dop “Colline di Romagna” e 24-25mila kg Dop “Olio Brisighella”.
Il . Sono circa 24mila gli ettari coltivati a vite in Romagna e la produzione complessiva, nel 2018, è stimata in crescita mediamente del 43% rispetto al 2017, anno eccezionale per la scarsità di uva prodotta che in Romagna raggiunse circa 3,7 milioni di quintali di uva. L’incremento si registra specialmente sulle uve bianche (+25%, e nel 2017 ebbero un calo del 24%), in particolare il Trebbiano di pianura (situazione simile al Veneto), con numeri record e incrementi 2018 sul 2017 anche del 56%. Bene le Albane, che hanno generato prodotti meno strutturati ma più freschi e fruttati.
Più che soddisfacenti i risultati per le varietà a bacca rossa (+18%). Le uve Merlot hanno una buona freschezza aromatica. Ottimi anche i Sangiovesi con livelli qualitativi più che buoni e diverse punte di eccellenza. In generale mezzo grado in meno di media rispetto al 2017. Uve Dop in crescita di circa il 25%. Il prezzo all’origine delle uve è in media di 22 Euro/quintale, inferire anche più del doppio rispetto a quello del 2017 (50 Euro/quintale).
Cerealicolo. I cereali maggiormente diffusi in Romagna sono i frumenti, duri e teneri. Nella parte più a sud, nelle colline del forlivese e cesenate, è presente anche l’orzo (3.300 ettari nel 2017, a fronte dei 1.640 e dei 1.300 del ravennate e del riminese), insieme a colture più aride come il girasole e il farro. La produzione 2017 si è rivelata eccezionale per rese e qualità del raccolto dei cerali a paglia, le rese medie regionali sono state 67 q/li ha per il duro (60,3 la media in Romagna); quasi 70 q.li/ha per il tenero (media in Romagna 65,23 q/ha) e 62,6 q/ha per l’orzo (media romagnola 61,8 q/ha). Il 2018 appare altalenante e complessivamente in Romagna la produzione è calata di circa il 17%. Le rese sono state tutte in calo (tranne quelle di mais e sorgo) di circa 15 quintali in meno per ettaro rispetto al 2017.