La pandemia sta mettendo a rischio la birra indipendente Made in Italy, una filiera innovativa che conta oltre 900 microbirrifici artigianali nel Paese e migliaia di produttori di luppolo e orzo distico. Una prima speranza di ripresa per gli operatori arriva ora da un emendamento alla legge di Bilancio, ma sono necessari interventi strutturali per dare nuovo slancio al settore. A partire dalla costruzione di un codice Ateco specifico che differenzi il mondo artigianale della birra dalle grandi multinazionali. Questo il messaggio lanciato da Cia-Agricoltori Italiani e Unionbirrai, nel corso dell’iniziativa congiunta “La birra indipendente artigianale e la filiera brassicola in Italia: il difficile presente, le azioni a supporto, le sfide del 2021”, che si è tenuta in webinar con la partecipazione del sottosegretario alle Politiche agricole, Giuseppe L’Abbate.
Tra le restrizioni del canale Horeca, le chiusure confermate di ristoranti, pub e bar durante tutte le festività di Natale e il blocco di fiere, eventi, sagre con le attività legate allo street food, la birra artigianale e agricola è entrata in una crisi profonda, soffrendo un crollo del fatturato del 90%. A rischio c’è un comparto che vale il 4% del mercato nazionale, produce in media 500 mila ettolitri l’anno, di cui circa il 20% biologico, fattura oltre 250 milioni di euro e dà lavoro a 7 mila addetti. Un prodotto che è entrato anche nel paniere Istat, a testimonianza del suo successo crescente nelle famiglie, e che ha conquistato i giovani, visto che il 60% dei millenial italiani si dichiara un conoscitore attento delle varie tipologie di birra artigianale, considerandole tipiche quasi quanto il vino. Inoltre, l’Italia oggi è al quarto posto in Europa per numero di birrifici, dietro Paesi con una grande tradizione brassicola come Regno Unito, Germania e Francia.
“Come è emerso nel corso del webinar, la pandemia è piombata su un settore in piena crescita, competitivo e di qualità, causando danni enormi – sottolinea Danilo Misirocchi, presidente Cia Romagna – Le speranze degli operatori sono ora riposte nell’emendamento approvato alla legge di Bilancio 2021 che prevede un fondo di 10 milioni di euro a sostegno delle filiere agricole minori, tra cui quella della birra. In questo difficile periodo, è una prima risposta importante, su cui sarebbe utile un coinvolgimento della filiera”.
Per permettere al settore di rimettersi in moto, servono misure strutturali e di lungo periodo, fra le quali la creazione di un codice Ateco specifico per i piccoli birrifici indipendenti, così si faciliterebbero future iniziative ad hoc per il comparto, separandolo dalla generica ‘produzione birra’. Peraltro, si tratta di un prodotto che va tutelato: non essendo pastorizzato né filtrato, è estremamente deperibile. Ci sono anche altre richieste che gioverebbero molto e che vanno nella direzione di un allentamento di obblighi fiscali e finanziari: ad esempio, ridurre l’Iva per il 2021 per la birra artigianale italiana, considerandola come prodotto della filiera agroalimentare; prevedere un credito d’imposta per gli esercenti che hanno acquistato e acquisteranno birra artigianale sfusa, così da aiutare i locali attualmente di nuovo in lockdown e rilanciare la produzione dei birrifici; avviare un dialogo costruttivo con la Gdo per entrare in maniera concorrenziale nei supermercati italiani, puntando sulla qualità.
“Le aziende hanno bisogno di ossigeno per poter imboccare la strada della ripartenza, comprese quelle della birra artigianale e agricola – conclude Misirocchi, presidente Cia Romagna – Solo con misure mirate, si può salvaguardare un settore di prestigio che crea un circuito produttivo al 100% italiano, dal campo alla distribuzione”.