L’Ufficio studi e ricerche della Cgil di Ravenna ha svolto un’analisi sulla condizione demografica e retributiva delle cittadine e dei cittadini stranieri nel territorio provinciale.
Dall’analisi, che prende in considerazione i dati al 31/12/2020, è emerso che hanno cittadinanza straniera 47.318 persone (22.662 maschi e 24.656 femmine), pari al 12,2% della popolazione, percentuale pressoché stabile rispetto l’anno 2019 (‐0,6%). Una maggiore concentrazione viene registrata in Bassa Romagna, in cui la popolazione straniera raggiunge il 13,1%. Le percentuali più alte si raggiungono a Massa Lombarda (18,8%) e a Conselice (16%).
Rimangono nazionalità estere più numerose quelle rumena (12.400 persone in totale, pari al 26,2%), albanese (7.537; 15,9%) e marocchina (4.729; 10,0%).
I dati forniti da Inps evidenziano che i lavoratori dipendenti con cittadinanza straniera sono 27.865 (-9,4% rispetto al 2019) di cui 5.908 occupati prevalentemente nel settore agricolo privato (-13,6%), 17.921 nel settore privato non agricolo (-9,8%) e 4.036 occupati come lavoratori domestici, dato invariato rispetto all’anno precedente.
I redditi da lavoro dei cittadini extracomunitari sono mediamente inferiori rispetto a quelli dei comunitari (compresi gli italiani) del 42%. Per i dipendenti privati la differenza è del 36,6% mentre i divari più elevati riguardano le collaborazioni (-75,7%), ma anche posizioni apicali come gli amministratori (-39,9%) e i professionisti (-40,7%). In questi ultimi casi, va notato, si parla di 184 persone in tutto.
L’analisi è stata condotta dall’Ufficio studi e Ricerche su indicazione della segreteria confederale e del Coordinamento provinciale Cgil delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati: “I dati che emergono dall’analisi del nostro Ufficio studi e ricerche – commenta Raffaele Vicidomini, della segreteria confederale della Cgil Ravenna- confermano una tendenza che vede le lavoratrici e i lavoratori di origine straniera rappresentare una importante e insostituibile risorsa per il tessuto sociale ed economico del nostro territorio, ma anche i soggetti più fragili e meno retribuiti a parità di lavoro e competenze. Una differenza di retribuzione intollerabile per una società civile.
Altra considerazione da fare – continua Vicidomini – riguarda la necessità di ampliare i canali di regolarizzazione. L’ultimo ‘decreto flussi’, pur raddoppiando la possibilità degli ingressi rispetto all’anno precedente, non solo non è sufficiente ma resta inserito in un contesto inquinato dagli effetti, pratici e culturali determinati sia dalla nefasta, ma ancora vigente, legge Bossi-Fini sia da logiche discriminatorie che permangono anche dopo la modifica dei decreti sicurezza”.