La Cava di Monte Tondo, nella Valle del Senio, fra Riolo Terme e Casola Valsenio, è al momento al centro di uno studio tecnico per la verifica della possibilità di proseguimento dell’estrazione del gesso, nel rispetto di tutte le componenti ambientali e paesaggistiche di questa area particolarmente delicata. Infatti, venti anni fa, la Regione, gli enti locali e il gestore dell’area, condivisero un patto circa l’attuazione dei vincoli evidenziati da uno studio regionale sul territorio interessato. In virtù di quel patto, veniva accettata una consistente distruzione dell’ambiente di cava, allo scopo di avere tempo sufficiente per trovare una diversa collocazione occupazionale per i dipendenti coinvolti nell’attività della cava e della produzione di cartongesso.
Oggi, i consiglieri regionali di Emilia-Romagna Coraggiosa, Igor Taruffi e Federico Amico, hanno presentato una interrogazione per capire cosa sia successo nei 20 anni intercorsi tra il vecchio studio e quello attuale. “Negli ultimi 20 anni infatti, prima della richiesta di ampliamento dell’escavazione, si sarebbe dovuto lavorare alla progettazione di una riconversione del sito e alla gestione dei lavoratori interessati, per minimizzare l’impatto ambientale ed economico degli scavi nel Polo Unico Regionale del Gesso”.
Per questo, i consiglieri chiedono alla Giunta: “se in questi ultimi vent’anni sia mai stata avanzata, da parte della ditta esercente la cava o delle amministrazioni pubbliche interessate, una proposta di riconversione produttiva del Polo Unico Regionale del Gesso” e “se in questi ultimi vent’anni la ditta esercente abbia effettuato investimenti allo scopo di minimizzare il proprio impatto ambientale, ad esempio per il miglioramento del sito di estrazione oppure per lo sviluppo di attività di recupero degli scarti a base di gesso per valorizzarli e preservare la materia prima naturale”.
I consiglieri chiedono inoltre alla Regione, se ci sia l’intenzione di fissare un limite oltre il quale non sia più possibile proseguire l’attività di cava, preoccupati per la possibile definitiva compromissione dell’ambiente naturale della Vena del Gesso romagnola.