Salta l’accordo sui CAU fra Regione e FIMMG, la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale, il sindacato dei medici di famiglia che aveva sostenuto l’apertura dei Centri di Assistenza e Urgenza. I medici ora invece si ritirano, denunciando il mancato rispetto dell’accordo iniziale.
«L’accordo sui Cau – fa sapere il sindacato in una nota – firmato a giugno 2023 prevedeva una revisione “entro e non oltre 6 mesi” che non è avvenuta entro la fine del 2023 stesso, e questo ha creato tutti i conflitti che si sono susseguiti nel 2024. Nonostante nostre ripetute segnalazioni e interventi, culminati nello stato di agitazione di autunno 2024, non abbiamo voluto scegliere una linea dura poiché l’intento della Fimmg è quello di collaborare e trovare le migliori soluzioni possibili a favore dei cittadini e dei medici stessi».
In questi giorni la FIMMG ha incontrato il neo assessore alla sanità Massimo Fabi, ribandendo la volontà di ritirarsi dal progetto. In campagna elettorale, lo stesso neopresidente Michele de Pascale aveva criticato l’organizzazione dei CAU, annunciando di volerla rivedere. Ora, a quanto pare, è arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti. L’accordo infatti fra Regione e FIMMG non è stato rinnovato, ma solo prorogato di tre mesi. Fino a marzo, quindi, la Regione ha tempo per presentare un nuovo accordo e un nuovo assetto per quanto riguarda i CAU.
In un comunicato stampa, la FIMMG ha spiegato la propria decisione. Una delle critiche maggiori rivolte ai CAU nell’ultimo anno, da parte dei medici, è, in poche parole, l’inefficacia degli ambulatori. I medici, infatti, più volte, hanno evidenziato come spesso i pazienti, presi in cura dai CAU, siano stati poi costretti a tornare dai propri medici di medicina generale per una soluzione alle proprie problematiche. Altro punto contestato, invece, è stato l’accesso facilitato, in tempi ridotti e in modalità gratuita, alle visite specialistiche consentito ai pazienti dei CAU e negato ai pazienti dei medici di famiglia, con il risultato di vedere persone prediligere i CAU, anche infrasettimana, quando gli ambulatori dei medici sono aperti, solo per ricevere appuntamenti per visite specialistiche gratuite e con tempi di attesa minori.
Il comunicato della FIMMG:
«Purtroppo nel 2024 non sono state trovate soluzione e oggi i Cau non sono affatto quello che dovevano essere: dovevano servire a mantenere sul territorio le piccole urgenze, senza che finissero dentro gli ospedali, invece di fatto si sono rivelati dei pronto soccorso bonsai, e così promossi dalla Regione stessa e dall’ ex assessore Donini. In pratica hanno raggiunto lo scopo politico di vicariare una serie di strutture di emergenza che erano in chiusura. La narrativa regionale racconta di ottimi risultati di queste strutture, ma tutti sappiamo che i Cau come organizzati ora costituiscono un servizio ridondante, che ha aumentato gli accessi negli studi dei medici di famiglia e negli stessi pronto soccorso ha ridotto gli accessi di pochissime unità o in molti casi addirittura aumentati, basta parlare con un medico di pronto soccorso per saperlo, non serve analizzare i dati. La medicina generale ha proposto un modello di riorganizzazione del territorio che vede al centro la costituzione delle Aft (Aggregazioni Funzionali Territoriali), strutture gestite dai medici di famiglia in cui collaborano medici a quota oraria e personale infermieristico; questo tipo di struttura, dotata di personale, diagnostica di primo livello e percorsi preferenziali per gli accessi specialistici potrebbe veramente ridurre drasticamente gli accessi in ospedale. Purtroppo di questi tre pilastri, che potrebbero rivoluzionare le cure territoriali, ad oggi non si vede nulla da parte di Ausl e Regione».
«Anzi si è verificato il contrario: i Cau sono stati posti in vicinanza o in sostituzione del Pronto Soccorso funzionando così “in concorrenza” con il medico di base ed aggravando/duplicando il suo lavoro; essi erogano infatti prestazioni (lastre, visite specialistiche) in gratuità totale, mentre le stesse prestazione richieste dal medico di famiglia sono soggette a ticket. Come risultato il paziente frequentemente ottiene dal Cau l’esame desiderato per poi comunque rivolgersi al proprio medico di medicina generale per avere la risposta clinica al proprio problema di salute. Alla faccia di chi ha detto che i Cau ci fanno lavorare meno».
«L’aumento del numero di pazienti assegnati e del carico burocratico imposti dall’organizzazione sanitaria portano oggi i medici di famiglia ad avere orari di lavoro da schiavitù, con una qualità della vita decisamente scaduta. Ciò nonostante certi giornali e certa politica ci descrivono come inefficienti, per usare un eufemismo. L’accordo Cau in scadenza al 31.12.24 non poteva quindi chiaramente essere rinnovato da parte dei medici di medicina generale. Dovrà esser la Regione stessa, come ha peraltro dichiarato ieri, ad assumersi la responsabilità di tenere aperte delle strutture che a nostro avviso costituiscono anche un problema di tipo economico: è giusto pagare un servizio ospedaliero con denaro della medicina del territorio? Siamo sicuri che i soldi spesi in questi servizi abbiano generato realmente un risparmio di denaro pubblico? La medicina generale ha le idee e le braccia per potere realmente riformare la sanità regionale, ma bisogna partire dal rispetto puntuale degli accordi, ed è necessario che se una organizzazione come la nostra continua per un anno a rilanciare accorati appelli sulla organizzazione dei servizi, venga subito ascoltata, cosa che non è avvenuta in questo anno, dove ci è stato ripetutamente detto che gli accordi sono rispettati e i Cau funzionano benissimo. La nostra proposta è chiara: è solo attraverso il mantenimento del rapporto fiduciario col paziente e la capillarità della presenza sul territorio che si possono intercettare i problemi di salute e dare una risposta definitiva ed economica, senza che il paziente si rivolga agli ospedali e ai pronto soccorso».

«La soluzione c’è e si può fare sin da subito, nel contesto delle Aft. I medici di famiglia hanno bisogno di personale di studio, segretarie e infermiere, per poter rispondere in tempo utile ad un numero enorme di richieste: in questo modo possiamo organizzarci per dare risposta alle urgenze che afferiscono come un’alluvione tutti i giorni nei nostri studi, e a cui già diamo una risposta ma in orari che vanno molto oltre quelli stabiliti, e che al momento nessuno ha misurato. La diagnostica di primo livello nei nostri studi, nelle nostre medicine di gruppo, è già possibile oggi, ma non può esser interamente finanziata dai medici convenzionati: abbiamo bisogno di accordi che ci permettano di investire in strumenti e poi utilizzarli a favore dei cittadini gratuitamente. Infine, per poter completare un percorso clinico efficace ed efficiente a favore del paziente che abbiamo già preso in carico e seguito nei nostri studi, a volte è necessario un esame strumentale complesso o una visita specialistica, e al momento quasi sempre noi medici di famiglia dobbiamo alla fine inviare i pazienti in Ps per concludere queste indagini. È necessario che si costituiscano dei percorsi preferenziali, una sorta di fast track, che accelerino e agevolino il percorso di diagnosi e cura a favore dell’assistito».
«Tutto questo era scritto in maniera molto chiara nell’accordo del giugno 2023 ma ad oggi non ha visto la luce. Lo diciamo da sempre, la medicina di famiglia è pronta già da oggi, anzi da ieri, per fare tutto ciò. Ci vogliono però investimenti, soprattutto organizzativi e in minima parte anche economici, per mettere in pratica tutto questo. Ieri abbiamo apprezzato molto la massima disponibilità del nuovo assessore alla sanità Fabi, speriamo e pensiamo di esser dalla stessa parte, sempre con l’obiettivo comune di ottimizzare i servizi sanitari per i cittadini. Ma senza dimenticarsi della qualità della vita dei medici del territorio, mai come oggi schiacciati da carichi di lavoro inattuabili e dimenticati da tutti, non ultimo da una Finanziaria nazionale che nonostante un discreto investimento sulla Sanità, si è completamente dimenticata che esistono i medici di famiglia e gli specializzandi del corso di medicina generale».