Offrire opportunità di cambiamento e reinserimento sociale alle persone recluse soddisfa un doppio obiettivo: garantire il pieno rispetto della dignità delle persone all’interno delle strutture penitenziarie e, al contempo, preservare il bene collettivo della sicurezza sociale intervenendo sui fattori più strettamente correlati alla recidiva, attraverso interventi di prevenzione, cura e reinserimento sociale
In Commissione per la parità e per i diritti delle persone, presieduta da Federico Amico, i funzionari dell’esecutivo regionale hanno esposto la relazione sulla clausola valutativa rispetto alle disposizioni per la tutela delle persone ristrette negli istituti penitenziari dell’Emilia-Romagna (per il triennio 2018-2020), rilevando la necessità, come evidenziato dagli assessorati guidati da Donini e Schlein, di garantire all’interno delle strutture penitenziarie, per la popolazione carceraria, un’esistenza dignitosa e rispettosa nonché offrire opportunità di cambiamento e reinserimento sociale e lavorativo.
Negli ultimi anni sono state molte le disposizioni in materia penitenziaria che hanno interessato in modo particolare il tema del sovraffollamento nelle carceri: dal 2010 al 2022, infatti, la popolazione carceraria italiana è passata da 67.961 a 55.835 (dati al 30 settembre), per l’attuale capienza che arriva a 50.942 unità. Nei dieci istituti della regione si contano 3.379 detenuti (dati sempre al 30 settembre 2022), di cui 1.633 stranieri e 146 donne, per una capienza di 3.013 unità. Il calo record, anche per alcuni interventi della corte europea, è stato del 17,8 per cento a livello nazionale tra il 2013 e il 2014. Anche nell’arco del triennio preso in considerazione da questa relazione l’indice di sovraffollamento ha segnato un calo importante, pari al 10 per cento in Emilia-Romagna (a fronte della riduzione del 7,4 per cento a livello nazionale).
La Regione Emilia-Romagna sostiene i percorsi collegati alle misure di esecuzione penale esterna. Per la giunta regionale resta poi centrale il tema della salute in carcere, il benessere della persona deve essere promosso non solo con interventi di cura ma anche favorendo il rafforzamento e consolidamento delle capacità personali di empowerment, attraverso un percorso di responsabilizzazione sul proprio stato di salute e stili di vita.
Gli investimenti fatti dalla Regione sono e rimangono rilevanti e, cosa altrettanto importante, continuativi nel tempo, dando così la possibilità alle diverse amministrazioni di programmare con una prospettiva temporale almeno di medio periodo.
“Si apprezza un grande sforzo anche se restano alcune criticità: non possiamo rimanere indifferenti in particolare riguardo ai problemi psichiatrici, spesso collegati a dipendenze, che riguardano la popolazione carceraria. L’emergenza è sia sanitaria sia sociale e c’è una sproporzione rispetto alla presenza di detenuti stranieri”, ha evidenziato Valentina Castaldini (Forza Italia), che ha chiesto “forme di sostegno per le persone più fragili, alle quali deve essere consentito un punto di ripartenza”.
“Serve una governance efficace, gli obbiettivi di gestione collegati alla popolazione carceraria devono essere chiari, occorre dare risposte ai bisogni, ci sono dei limiti a livello regionale rispetto alle competenze, in concorrenza con il livello nazionale”, ha rimarcato Roberta Mori (Partito democratico). La consigliera ha poi ribadito “la necessità di rafforzare l’assistenza sanitaria rivolta ai detenuti”. Infine, sempre sul tema detenzione, ha chiesto “particolare attenzione per le minoranze”.
Anche per Simone Pelloni (Lega) “i dati da analizzare sono quelli sulla popolazione carceraria straniera, evidentemente le politiche d’integrazione non hanno funzionato”.
Lo stesso presidente Amico, che ha parlato anche della recente iniziativa sulla consegna del cosiddetto “codice ristretto” nelle carceri della regione, ha rilevato che nel sistema carcerario regionale sono presenti tutta una serie di problematiche rispetto alla gestione complessiva di tutto l’apparato.