Il trasferimento di autorità di un carabiniere sottoposto a indagine penale “deve essere concepito in un’ottica prudenziale assoluta e circoscritto con precisi limiti oggettivi, per prevenire afflizioni, abusi, strumentalizzazioni e accanimenti”.
Lo sottolinea il sindacato Nsc, con una lettera del segretario generale dell’Emilia-Romagna Giovanni Morgese inviata, tra l’altro, ai ministri della Difesa, Interni, Giustizia e al Comando generale dell’Arma.
Si tratta di “un aspetto delicato”, scrive Morgese “e di profondo condizionamento, talvolta di turbamento” per i militari coinvolti e le loro famiglie, trasferiti ad esempio in altre province. Bisognerebbe quindi, per il sindacato, evitare un uso eccessivo di questo strumento, distinguere i diversi casi, ma anche uniformarsi a quanto accade alle altre forze di polizia.
Un conto, ad esempio, è se il procedimento penale riguarda reati che regolano “il rapporto fiduciario e di collaborazione diretta con il Pubblico ministero”, come ad esempio peculato, concussione o abuso d’ufficio. Altro è invece se l’eventuale indagine riguarda vicende di diverso tipo, anche personali: “Chiunque – spiega Morgese – può ricevere una denuncia, anche falsa o anonima, ma ciò non significa che averla ricevuta debba comportare conseguenze pesantissime nell’immediato o prima della decisione del giudice di merito”.
Altrimenti si rischierebbe “di ledere o rendere eccessivamente vacillanti le certezze e le garanzie del carabiniere come operatore di polizia giudiziaria nell’espletamento delle proprie funzioni”. Inoltre, per Nsc, “provocare stress e ulteriori disagi a Militari che sono già investiti da un grave problema quale è un procedimento penale ancor prima di un verdetto irrevocabile o almeno di primo grado non è più etico e conforme ai tempi della società moderna, fatta eccezione per casi limite”. (Fonte: ANSA)